“Farina di grillo? No grazie”: nelle regionali del Lazio si parla alla pancia degli elettori

Sergio Tiberti, candidato al Consiglio nelle regionali del Lazio, demonizza la farina di grillo contrapponendola alla cucina italiana (e mancando clamorosamente il punto della questione).

“Farina di grillo? No grazie”: nelle regionali del Lazio si parla alla pancia degli elettori

Rieccoci qua. Perché intavolare una discussione sulle risorse alimentari cosiddette “alternative”, magari avvicinando i consumatori e spiegando loro che no, la carbonara della nonna non ve la vogliono affatto portare via; quando è molto più semplice ribadire l’assoluta superiorità del comodo bagaglio stereotipato? Insomma, perché parlare di insetti commestibili, farina di grillo e compagnia bella quando è più conveniente restare fermo nel pantano identitario del “pizza, pasta e mandolino”? Il nodo della questione – o la pietra dello scandalo, a giudicare dai toni – è l’autorizzazione da parte di Bruxelles alla messa in commercio della farina di grillo in quanto prodotto alimentare: un semaforo verde che, com’era prevedibile, ha innescato forti cori di indignazione nelle frange più conservative del nostro Paese. Un esempio? Beh, diamo un’occhiata a un punto della campagna elettorale di Sergio Tiberti, candidato al Consiglio nelle regionali del Lazio.

Una questione di bianco e nero

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“Farina di grillo? No grazie” si legge in un post pubblicato sulla pagina Facebook di Tiberti. “Grazie alla sinistra e all’Unione europea saranno disponibili da oggi sugli scaffali dei nostri supermercati vari prodotti alimentari che utilizzano insetti. Un’altra follia della sinistra al servizio delle multinazionali, sventolando la (falsa) bandiera della sostenibilità. Il futuro del comparto alimentare, invece, è nel prodotto di qualità e si chiama Lazio.”

Barilla e l’affair sugli insetti sono la dimostrazione che Giorgia Meloni ha ragione da vendere Barilla e l’affair sugli insetti sono la dimostrazione che Giorgia Meloni ha ragione da vendere

Niente di nuovo sul fronte occidentale, insomma. Il gioco è lo stesso a cui siamo abituati da tempo: il noi contro voi, il bianco contro il nero, la Juventus contro il Toro, la sinistra verso la destra. Riprendendo la domanda con cui abbiamo aperto l’articolo – perché sforzarsi di fare informazione, di abbattere lo stereotipo, di approcciarsi a una potenziale soluzione a un sistema alimentare che sta svuotando il mondo delle sue materie prime e distruggendo l’ambiente; quando è molto più semplice ridurre il tutto a una questione di tifo?

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Noi contro voi, dicevamo. Da una parte la genuinità italica della pastasciutta, dall’altra le mire maliziose di un nemico acefalo che vuole imbottirci di schifezze. Da che parte state? Ora, sia ben chiaro: nulla contro la pastasciutta, nulla contro la pizza, nulla contro la cucina tipica del Lazio. Solo, non possiamo fare a meno di trovare un poco triste che una campagna elettorale debba ricorrere a questi giochi di specchi per spaccare l’elettorato su questioni invece così democratiche.

Accaparrarsi il voto dei Gastroboomer può fare gola, ma continuare a girare alla larga dal punto della questione contrapponendo la dispensa della nonna agli insetti commestibili non aiuterà a risolvere il problema. Nei commenti del post, nel frattempo, qualcuno ha intuito il trucchetto: “Ma perché scrivete queste corbellerie?” scrive un utente. “Aziende che producono e vendono insetti sono presenti anche nel Lazio. Magnate quello che te pare, ma non rompere e non cercare di intortare la gente”.