Green Pass, il Piemonte scrive al Garante della Privacy: “i ristoratori non sono pubblici ufficiali”

L'assessore regionale agli Affari legali in Piemonte, Maurizio Marrone, ha scritto al Garante Nazionale della Privacy per avere conferma del fatto che i ristoratori non possano chiedere il Green Pass ai clienti.

Green Pass, il Piemonte scrive al Garante della Privacy: “i ristoratori non sono pubblici ufficiali”

Esiste una questione legata alla tutela della privacy nel momento in cui i ristoratori sono tenuti a chiedere il Green Pass ai clienti? Ne è convinta la Regione Piemonte, o almeno ha qualche dubbio in merito l’assessore regionale agli Affari legali ed esponente di Fratelli d’Italia, Maurizio Marrone, che ha scritto al Garante Nazionale della Privacy per porre la questione.

O meglio, per citare le sue stesse parole, “per avere conferma che agli esercenti privati non possano, e non debbano, essere attribuite funzioni tipiche dei pubblici ufficiali”. Insomma, secondo l’assessore piemontese i ristoratori non possono mettersi nella condizione di richiedere il Green Pass ai clienti, e “hanno ragione le associazioni di commercianti ed esercenti quando affermano che un ristoratore non ha alcun obbligo e titolarità di identificare i propri clienti esigendo l’esibizione dei documenti di identità, quantomeno nell’ordinamento giuridico italiano”. Un particolare che, a suo dire, renderebbe impossibile attuare a partire da domani il Green Pass così come imposto dal Governo.

“Nessuna sanzione e misura repressiva finché non verrà fatta chiarezza dall’autorità preposta alla tutela dei dati personali”, dice. “Questo governo non può permettersi di calpestare secoli di Stato di diritto in nome dell’emergenza sanitaria. Una delle condizioni poste a giugno dal Garante della privacy era stata espressamente la ‘tassatività e la determinatezza dei campi di applicazione del Green Pass’, mentre in questi giorni apprendiamo dai giornali di continue estensioni applicati e da parte del governo. Noi Fratelli d’Italia abbiamo sempre sostenuto che il green pass fosse una misura discriminatoria tra cittadini, illogicamente svincolata dall’andamento dei dati sanitari, e inutilmente penalizzante nei confronti dei settori del turismo, della ristorazione e della cultura che stavano faticosamente affrontando la ripresa. Ora i nodi vengono al pettine”.