Guido da Costigliole: Ugo Alciati riunisce le due cucine che hanno fatto la storia del Piemonte

Ugo Alciati, chef del Ristorante Guido di Serralunga d’Alba, tornerà ad occuparsi anche della cucina del Ristorante Guido da Costigliole a Santo Stefano Belbo.

Guido da Costigliole: Ugo Alciati riunisce le due cucine che hanno fatto la storia del Piemonte

La famiglia Alciati, senza mezzi termini, ha fatto la storia della ristorazione piemontese. In principio furono papà Guido e mamma Lidia, la “regina degli agnolotti del Plin”, come la definì il Los Angeles Times. E poi i figli, Andrea, Ugo e Piero Alciati, che presero quel patrimonio culinario e lo fecero loro, dividendolo però in due.

Da un lato GuidoRistorante – prima a Pollenzo e poi a Serralunga d’Alba, nel progetto farinettiano di Fontanafredda – con alla guida Ugo e Piero. Dall’altro il Ristorante Guido da Costigliole a Santo Stefano Belbo, all’interno del lussuosissimo Relais San Maurizio, una delle strutture ricettive più scenografiche della zona. A dirigere il secondo ristorante – quello di Santo Stefano Belbo – rimasero Andrea Alciati e Luca Zecchin.

Oggi i due ristoranti tornano a essere una sola anima, con la notizia che Ugo Alciati, Chef del Ristorante Guido di Serralunga d’Alba, tornerà ad occuparsi anche della cucina del Ristorante Guido da Costigliole. Insieme a lui il suo fidato collaboratore Fabio Sgrò, che guiderà sotto le sue direttive lo staff ventennale del Ristorante. Luca Zecchin, che fino a oggi era stato a capo della cucina del ristorante del Relais San Maurizio, ha preso strade diverse, pare in assoluta armonia con la famiglia Alciati, che infatti lo saluta ringraziandolo “per la fantastica collaborazione di questi anni”.

plin guidoristorante

Nel frattempo, Ugo Alciati si prepara a riunire le due cucine. Anzi, a riallinearle, come dice lui. “Ogni chef ha la sua mano, il suo pensiero, e con gli stessi ingredienti porta in tavola piatti completamente diversi”, dice. “Da adesso abbiamo uniformato le due linee di pensiero, che fino a ora erano volutamente un po’ differenti, riportandole a quello che è stato il nostro passato: piccolissimi produttori, pochi piatti, sostenibilità, materie prime fresche solo piemontesi”.