I treni svizzeri dicono addio alla Coca Cola in nome della “swissness”. E noi?

La Svizzera fa scendere la Coca Cola dai treni sostituendola con una produzione elvetica. Il paragone con l'Italia può essere pruriginoso, ma necessario.

I treni svizzeri dicono addio alla Coca Cola in nome della “swissness”. E noi?

Coca Cola fatta scendere a terra alla prima fermata utile. La bibita a stelle e strisce, spiegano le autorità elvetiche, non sarà più parte dell’offerta di bevande sulle 120 carrozze ristorante gestite dalla consociata Elvetino. Al suo posto una collega locale: trattasi della Vivi Kola, prodotta dal 1938 dalla sorgente di acqua minerale di Eglisau, nel cantone di Zurigo.

La spiegazione fornita da un portavoce delle Ferrovie Federali Svizzere (FFS per gli amici) è radicale e laconica: “Abbiamo deliberatamente voluto marcare un segno di svizzeritudine”. Resta il prezzo, uguale e medesimo: 5 franchi e 40. E la scelta delle FFS, badate bene, è definitiva.

Il commento della Coca Cola e il paragone che fa per noi

McDonald's

Les jeux sont faits, dicevamo. Giù la Coca Cola dal treno, su la Vivi Kola con tanto di biglietto già vidimato et voilà, si riprende il viaggio come se nulla fosse, e guai a guardarsi indietro. Il ramo elvetico del colosso a stelle e strisce è stato ovviamente contattato dai media locali e non, ma ha preferito non commentare la notizia. E tant’è, insomma.

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Tracciare un paragone può essere spinoso ma necessario – un po’ per quella storia dell’erba del vicino che è sempre più verde e un po’ perché la cronaca recente, di fatto, ci viene in aiuto. La Svizzera ha preso la sua decisione in nome della cosiddetta swisness, che potremmo più o meno tradurre con “l’essere svizzeri” o “svizzeritudine”, concetto che rima con l’italianità di cui tanto ci piace riempirci la bocca.

La “cronaca recente” di cui sopra si riferisce anche e soprattutto al premio consegnato appena una manciata di giorni fa a McDonald’s, a causa dell’impegno “nel promuovere e rafforzare il valore delle Indicazioni Geografiche Italiane”. Nulla contro gli archi dorati di per sé, o alla formula – quella del fast food – di cui sono inconfondibili e legittimi ambasciatori: in un’ottica di valorizzazione delle cosiddette eccellenze italiane, però, non sarebbe più opportuno seguire un esempio come quello svizzero anziché infilarli nei panini del MC?