La vicenda del Grand Hotel La Sonrisa di Sant’Antonio Abate, meglio noto come “Il Castello delle Cerimonie” ci ha regalato un colpo di scena di fine anno davvero degno di una serie scritta di Vince Gilligan. Dopo che la Cassazione ha reso definitiva la confisca della struttura nel febbraio 2024 per lottizzazione abusiva, la famiglia Polese ha infatti deciso di tentare la carta internazionale, rivolgendosi niente meno che alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) a Strasburgo.
Questa mossa rappresenta l’ultima speranza per gli eredi di don Antonio Polese di contrastare un provvedimento che affonda le radici in contestazioni nate nel 2011 per abusi edilizi che risalirebbero addirittura al 1979.
La famiglia Polese alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

L’iniziativa è sicuramente d’effetto, ma bisogna però chiarire che il ricorso a Strasburgo non serve per annullare direttamente la sentenza italiana: la Cedu non entra nel merito della decisione della Cassazione, ma valuta se lo Stato ha violato diritti fondamentali previsti dalla Convenzione europea, come il diritto a un equo processo o la tutela della proprietà privata.
I ricorrenti puntano molto sulla durata eccessiva del procedimento, che si è trascinato per decenni, sostenendo che ciò sia contrario ai principi di giustizia. Nel frattempo, i legali della famiglia si stanno muovendo anche a Roma, chiedendo alla Corte d’Appello la cancellazione della confisca sulla base di nuove perizie tecniche che sosterrebbero l’assenza di danni ambientali o paesaggistici.
Nonostante la situazione legale sia molto complicata, le luci del castello non si sono comunque spente. Grazie a un pronunciamento del Tar, le attività possono proseguire almeno fino a gennaio 2026, termine fissato per la definizione dei vari contenziosi legati alla revoca delle licenze. Questa proroga è fondamentale non solo per i proprietari, ma soprattutto per gli oltre 150 dipendenti della struttura: in un’area segnata da un alto tasso di disoccupazione, la chiusura definitiva della Sonrisa viene descritta dai titolari come una possibile “bomba sociale per il territorio”.
Mentre si attende il giudizio europeo, il Comune di Sant’Antonio Abate ha già iniziato a gestire il complesso come parte del proprio patrimonio: attualmente, la famiglia Polese è infatti tenuta a pagare un’indennità di occupazione che ammonta a circa 29.879 euro al mese, cifra al momento in attesa di una valutazione definitiva da parte dell’Agenzia delle Entrate e che potrebbe essere rivista al rialzo.
In attesa che le autorità competenti si esprimano definitivamente, il Castello si trova quindi in una gestione di transizione, cercando un modo per sopravvivere ai propri errori edilizi e sperando di ritornare al ruolo di fenomeno televisivo ottenuto un decennio fa grazie al reality show dedicato.
