Da mesi ormai il ministro Lollobrigida è al lavoro su una riforma dell’attuale sistema normativo sulla caccia: un disegno di legge che dovrebbe essere presentato e approvato entro l’estate, in tempo utile per la prossima stagione di caccia autunnale, e che promette una vera rivoluzione del settore.
Una bozza del provvedimento è finita nelle mani delle associazioni ambientaliste, che non risparmiano aspre critiche: “un testo inaccettabile, normalizza il bracconaggio”. Ma cosa prevede la riforma Lollobrigida?
Le nuove regole per la caccia
Il disegno di legge che ridefinirà l’attività venatoria è composto da 18 articoli e prevede di essere applicato entro il 2029, vorrebbe essere inserito come allegato ambientale alla legge di Bilancio e non richiederà nessuna spesa da parte del Governo.
Tra i passaggi più controversi, c’è la riapertura dei cosiddetti roccoli, le postazioni di caccia agli uccelli diffuse soprattutto nel nord Italia, vietate dall’Unione Europea e per le quali l’Italia è già oggetto di una procedura d’infrazione. E non sarebbe l’unico attrito con l’UE visto che il ddl prevede di estendere la stagione di caccia anche alla primavera, in aperto contrasto con le direttive europee. Oltre a questo, le regioni non avranno più limiti per autorizzare nuovi appostamenti fissi.
Altro passaggio controverso è quello che autorizzerebbe la caccia “nei territori e nelle foreste del demanio statale, regionale e degli enti pubblici in genere”, permettendo, in linea teorica l’attività venatoria anche nelle spiagge o in aree dedicate alle escursioni.
Preoccupante il passaggio di responsabilità dalla scienza alla politica: ad occuparsi infatti dell’autorizzazione dei piani venatori non sarebbe più l’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ma il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, nominato e controllato direttamente dal ministero dell’Agricoltura.
Le reazioni delle associazioni ambientaliste
La risposta delle associazioni ambientaliste è stata immediata e, come è facile intuire, senza mezzi termini.
Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha dichiarato: “il ddl che si appresta ad arrivare in Cdm è un testo inaccettabile. Se venisse approvato cancellerebbe gli ultimi 60 anni di politiche, impegni e azioni dell’Italia a tutela e conservazione degli animali selvatici, calpestando, al tempo stesso, l’art. 9 inserito nel 2022 nei principi della Costituzione, che obbliga lo Stato, attraverso le sue leggi, a garantire la tutela degli animali”.
ENPA, LAC, LAV, Lipu e WWF Italia hanno diffuso una nota congiunta, dai toni durissimi: “è un testo intriso di ideologia ed estremismo filo-venatorio che di fatto regala ai cacciatori la fauna selvatica e le aree naturali che la Costituzione riconosce come patrimonio di tutti e delle future generazioni, facendosi beffe della scienza e dei diritti dei cittadini”. Una riforma che “presenta elementi di palese incostituzionalità e contrasta con le direttive europee in materia, ma evidentemente tutto questo non sembra interessare chi ci governa”.