Il locale di Firenze dedicato alla Santanché deve cambiare nome

Hanno avuto ragione le società titolari del marchio "Santa", ma la soluzione per cambiare l'insegna non è piaciuta al giudice.

Il locale di Firenze dedicato alla Santanché deve cambiare nome

Si è concluso il primo round della battaglia legale sui marchi che ha visto scontrarsi Dimitri Kunz d’Asburgo, con il suo nuovo locale a Firenze “Santhouse”, dedicato alla compagna Daniela Santanché, e l’imprenditore Giulio Fratini, forte del successo del suo brand “Santa”, con quattro locali tra il capoluogo toscano, Roma e Venezia, con il tribunale di Firenze che ha dato ragione a quest’ultimo, confermando la misura inibitoria nei confronti del discobar-ristorante di piazzale Michelangelo.

Da “Santhouse” a “Sahouse”

 

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Ricapitoliamo la vicenda: la disputa legale è nata quando le società di Fratini, titolari del marchio “Santa” e delle sue declinazioni (Santa Lab, Santa Family, ecc.), hanno fatto ricorso contro il nome “Santhouse”: a loro avviso, il nome scelto da Kunz avrebbe “natura contraffattiva dei marchi” di loro proprietà e rappresenterebbe un atto di “carattere di sleale concorrenza”, sostenendo inoltre di aver subito un danno economico tangibile, lamentando una “importante riduzione del fatturato nel giorno dell’inaugurazione del locale al piazzale Michelangelo”. Per questo motivo, è stata richiesta e ottenuta una misura cautelare per inibire “l’uso dei segni registrati e di qualunque altro contenente le parole Santa o Sant o simili”.

La difesa di Kunz ha contestato “la debolezza dei marchi dei ricorrenti, discendente dall’assenza di prova della loro notorietà e distintività”. Tuttavia, il giudice ha respinto questa tesi, affermando al contrario che “Santa è da considerare segno dotato di particolare forza distintiva”, e ha inoltre sottolineato come il marchio di Kunz riproduca “il cuore dominante e identitario” del marchio di Fratini, giustificando così “l’urgenza di un provvedimento inibitorio”.

È stata ritenuta cruciale anche la possibile confusione concettuale da parte del pubblico: secondo il giudice, “un pubblico con un grado di attenzione medio-basso può intendere il nome sia come ‘casa della Santa’, appellativo dell’on. Santanchè, sia come ‘casa del Santa’, cioè il luogo ove sono prestati i servizi delle ricorrenti”.

Daniela Santanché in difesa dell’italianità degli spaghetti sulle spiagge italiane (ma non al Twiga) Daniela Santanché in difesa dell’italianità degli spaghetti sulle spiagge italiane (ma non al Twiga)

Il locale di Kunz si è quindi trovato costretto a recepire l’ordinanza ma, forse come soluzione temporanea in attesa degli altri gradi di giudizio, forse per spirito di sfida, ha modificato l’insegna in maniera decisamente casereccia, utilizzando foglie e nastro adesivo per oscurare due lettere e comporre il nuovo nome “Sahouse”, utilizzato ora anche sui social.

Un atteggiamento che il giudice non ha apprezzato, notando come “l’esecuzione risulta operata con accorgimenti del tutto precari, come l’apposizione di uno scotch sulle lettere NT di oltre tutto, presumibilmente, inutile allorché la scritta è illuminata”. In caso di mancato rispetto dell’ordinanza, è stata fissata una sanzione di 3.000 euro al giorno, una cifra ritenuta congrua considerando “il livello dei locali e i conseguenti presumibili introiti (un fatturato di circa 3.000.000 euro annui)”.