Il più storico produttore italiano di birre acide chiude i battenti: c’è ancora spazio per le “sour”?

Chiude LoverBeer, storico produttore italiano di birre acide artigianali, ma l'abbandono degli stili sour da parte del pubblico non è un problema solo italiano.

Il più storico produttore italiano di birre acide chiude i battenti: c’è ancora spazio per le “sour”?

La birra artigianale italiana saluta uno dei suoi più grandi interpreti: Valter Loverier ha annunciato ufficialmente che il suo birrificio LoverBeer cessa le attività, comunicandolo attraverso un accomodante post sui suoi social.

Una notizia che purtroppo non ha certo suscitato la sorpresa degli appassionati. Già qualche mese fa infatti l’impianto produttivo era stato messo in vendita, un’operazione gestita con una comunicazione a dire il vero un po’ impacciata, e che aveva dato adito già allora a diverse voci e speculazioni.

Voci confermate dopo poco tempo dallo stesso Loverier, che con il suo annuncio infligge un nuovo colpo al cuore dei birrofili italiani della prima ora.

La storia di LoverBeer

Valter è un birraio unico, dall’atteggiamento modesto e schivo ma sostenuto da un’integrità incrollabile, e tra i maggiori esponenti della produzione di birre sour: ispirate soprattutto alla scuola belga, si tratta di prodotti la cui fermentazione prevede l’utilizzo di un mix di lieviti e batteri, naturalmente presenti nell’ambiente, nelle botti o inoculati, che caratterizzano la birra con acidità acetiche o lattiche.

Fin dai suoi esperimenti da homebrewer agli inizi del 2000, il suo approccio enciclopedico alle fermentazioni sour lo aveva reso una piccola celebrità tra i produttori di birra casalinghi, fino al grande passo quando, nel 2009, nasce LoverBeer.

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Siamo a Marentino, in provincia di Torino, dove Valter raccoglie le sue ormai leggendarie botti dando il via a una piccola rivoluzione: il suo birrificio era soprattutto una cantina e un laboratorio dove sperimentare con stili produttivi ancestrali, invecchiamenti, blend, rendendo il tutto moderno e locale attraverso l’impiego di antiche varietà di frutti, erbe e uve autoctone.

Così sono nati capolavori come la “giovane” Madamin, amber ale con un passaggio in botte di 4/6 mesi; la BeerBera, dove i lieviti e i batteri naturalmente presenti sulle bucce di uva Barbera fanno partire la fermentazione, o la mitica Nebiulin-a, blend di tre annate di “Biére du Lambic” a cui viene aggiunta uva Nebbiolo proveniente da La Morra; prodotti che gli hanno dato notorietà e riconoscimenti anche ben al di fuori dei confini nazionali.

C’è ancora spazio per le birre acide?

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Se una volta le birre acide rappresentavano la massima aspirazione del birraio e del degustatore, il loro successo si è dimostrato tanto travolgente quanto effimero.

Lo zoccolo duro di appassionati, colti e preparatissimi come una bevuta del genere impone, resta, ma il mercato non ha giustificato la produzione di intere linee di birre acide da parte di quasi ogni birrificio esistente in Italia.

Intendiamoci, parliamo di prodotti distanti anni luce da quelli di LovereBer: nel tempo si sono diffuse pletore di birre alla frutta basate quasi esclusivamente su rapide fermentazioni lattiche e con aggiunta di puree che si rivelavano, nei casi migliori, prodotti semplici e senza pretese, dimostrandosi invece superflui nel resto delle occasioni.

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Il graduale abbandono delle birre acide da parte del grande pubblico non è però una prerogativa solo italiana e negli anni anche mostri sacri internazionali si sono ritrovati ad abbandonare i siti produttivi dedicati: è il caso del danese Mikkeller, che ha interrotto la produzione a Baghaven, che resta operativo come bar, o di Brewdog, il cui spin-off acido Overworks non ha mai veramente preso il volo.

Situazione e congiunzioni economiche diverse, certo, ma è chiaro che anche un produttore illuminato come Loverbeer non potesse restare indifferente di fronte a certe dinamiche del mercato.

Nel suo messaggio d’addio, Valter sottolinea come sia giunto il momento di “fare spazio a nuove possibilità”: di qualunque progetto si tratti, una cultura, un’etica e un palato come il suo non possono che dare vita a prodotti straordinari, e noi appassionati lo aspetteremo al varco.