Se c’è una cosa più grassa e opulenta delle tavolate natalizie è probabilmente la pubblicità che le rappresenta: famiglie numerose riunite intorno a trionfi di colesterolo, montagne di dolciumi traboccanti di creme e quant’altro. Una visione a cui ormai siamo abituati ma di cui, se doveste passare le festività nel Regno Unito, potreste soffrire l’assenza.
I principali attori della grande distribuzione come Tesco, Waitrose, Marks & Spencer e Asda hanno presentato infatti campagne decisamente più sobrie e prive di zuccheri per conformarsi alle nuove normative che vietano la comparsa di cibo spazzatura in televisione prima delle ore 21:00. Sebbene l’entrata in vigore ufficiale dei divieti per i prodotti ad alto contenuto di grassi, sale e zuccheri (HFSS, “high fat, salt, sugar) sia fissata per il 5 gennaio, l’industria pubblicitaria britannica ha scelto volontariamente di aderire alle regole già da ottobre, rendendo questo il primo Natale televisivo a basso contenuto di grassi e zuccheri.
Una nuova creatività pubblicitaria
Keira Knightley nello spot di WaitroseLa dieta obbligatoria che il governo ha imposto alla pubblicità ha lasciato spazio a una narrazione creativa che privilegia prodotti considerati ben più sani: è il caso dello spot di Waitrose, in cui Keira Knightley riceve una torta fatta in casa, mentre Lidl mostra una bambina che sceglie delle mele per la spesa festiva.
Asda ha invece utilizzato il reparto di frutta e verdura fresca per l’ingresso del Grinch, e Morrisons ha scelto di non mostrare alcun prodotto. Secondo Richard Exon, co-fondatore dell’agenzia pubblicitaria Joint, questa situazione offre nuove opportunità: “Gli inserzionisti devono essere molto strategici. C’è un lato positivo per la creatività in tutto questo. Si tratta meno dei prodotti e più dei marchi e dei messaggi, mantenendo lo spirito e rispettando la legislazione. I principali marchi premium staranno molto attenti a non violare i regolamenti. Sarà necessaria una grande dose di buon senso nel primo trimestre del prossimo anno”.
Le normative presentano tuttavia alcune prevedibili complessità e incongruenze: si vedsa il caso del gravy sopra il tradizionale arrosto natalizio, da non mostrare a meno che non sia presentato come una marinatura, una glassa o simili. Inoltre, mentre alimenti come porridge, muesli e ogni tipo di sandwich sono soggetti a restrizioni, prodotti percepiti come meno salutari come pancetta, formaggio, rotoli di salsiccia e persino la Nutella possono essere mostrati liberamente.
Un dirigente di una grande catena ha espresso preoccupazione per queste ambiguità: “Siamo pronti? Sì. Ma è tutto troppo complesso. Ci sarà un lungo periodo in cui l’autorità di controllo della pubblicità dovrà gestire i reclami di chi cerca prodotti che potrebbero infrangere le regole”. Un punto di forte attrito tra i sostenitori della salute pubblica e l’industria alimentare riguarda la possibilità per le aziende di trasmettere pubblicità del marchio (brand ads) purché non mostrino un prodotto identificabile. Questo permette a marchi come Cadbury di trasmettere spot storici, come quello del gorilla che suona la batteria, senza mostrare tavolette di cioccolato.
Fran Bernhardt del gruppo Sustain ha criticato aspramente questa concessione: “Questo governo si era impegnato a far crescere la generazione di bambini più sani di sempre, eppure ha ignorato le prove, portando avanti invece una politica che essenzialmente consente di continuare come se nulla fosse. L’industria festeggerà l’ennesima politica sanitaria rovinata, mentre i bambini del Regno Unito sono stati delusi ancora una volta”.
Nonostante i divieti televisivi e online, le aziende alimentari hanno già iniziato a spostare i propri investimenti verso altri canali, con un aumento del 28% della spesa per la pubblicità esterna (cartellonistica e poster) tra il 2021 e il 2024. Il panorama pubblicitario continuerà quindi a evolversi, con restrizioni che colpiranno anche le festività future; a Pasqua, ad esempio, non sarà possibile mostrare uova di cioccolato o i classici panini dolci Hot Cross Buns, a meno che non vengano riformulati in versioni salutari.
Paul Bainsfair, direttore generale dell’Institute of Practitioners in Advertising, confida però nella resilienza del settore: “Le agenzie pubblicitarie risolvono i problemi. Hanno semplicemente dovuto adattarsi e usare il loro ingegno per trovare soluzioni per i loro clienti, qualcosa in cui sono sempre state molto brave”.

