Pasto con il cronometro. No, non per vedere chi finisce prima (ma che razza di gara sarebbe, poi?): piuttosto per schivare il sovrapprezzo. Venti minuti per una colazione, e se si va oltre si aggiungono sei euro a persona per ogni ora extra.
Succede in Spagna. Il caso è rimbalzato sulla vetrina dei social, ed è anche stato ripreso dai colleghi di Reporter Gourmet, lasciandosi alle spalle una coda di indignazione e sopracciglia alzate. Le regole, dicevamo, sono semplici: c’è da sperare che nessuno abbia bisogno di andare in bagno.
Caso isolato? Non proprio
A informare clienti, potenziali e regolari che siano (chissà che maestri dell’efficienza, questi ultimi), c’è un cartello. Le regole sono severe e precise: la penalità, per così definirla, si applica anche (e soprattutto) a chi consuma per un importo minimo, e allo stesso tempo vieta “assembramenti di quartiere o di lavoro”. Ma dai: d’altronde quando mai bar e locali sono stati luoghi per incontrarsi, per stare insieme, per vivere il gruppo?
Scatta la legge delle lancette, dunque. L’obiettivo, l’avrete senz’altro intuito, è quello di rendere più efficiente il servizio e, di conseguenza, rimpinguare la cassa: traguardo che si è deciso di inseguire ottimizzando la socialità più o meno spontanea in un grigiume da regime taylorista, con tanto di cartellino da timbrare, cronometro e tutto il resto. Il pubblico non ci sta.
Sui social, dove è apparso il cartello “incriminato”, fioccano proteste. C’è chi fa giustamente notare che una trovata di questo tipo cozza brutalmente con lo spirito dell’uscia al bar, e chi invece sposta l’attenzione sui diritti dei consumatori; e c’è anche chi, diversamente, parla del diritto di fare cassa di un’attività commerciale. Ma il nostro protagonista, di fatto, non è solo.
Una pasticceria di Firenze ha introdotto una maggiorazione per il servizio al tavolo. La vicenda, con le dovute proporzioni, è simile. Il titolare del locale fiorentino, interrogato per un commento, ha spiegato: devo fare così, altrimenti “siamo morti”.