Influenza aviaria: Taiwan segnala il primo focolaio in un allevamento

L'influenza aviaria continua a imperversare in tutto il mondo: Taiwan ha recentemente segnalato il primo focolaio in un allevamento.

Influenza aviaria: Taiwan segnala il primo focolaio in un allevamento

Continuano a fioccare le nuove segnalazioni di influenza aviaria in tutto il mondo: i nostri lettori più attenti saranno senza ombra di dubbio ben consci del fatto che la stagione epidemica in corso è, dati alla mano, la peggiore di sempre, con la lista di Paesi che si vedono a dover fare il triste ma apparentemente inevitabile annuncio – “Eh sì, c’abbiamo un focolaio pure da ‘ste parti” – che si allunga sempre più. È questo il caso di Taiwan, che ha di recente segnalato un grappolo di positività al ceppo H5N1 presso un allevamento. Stando a quanto lasciato trapelare dall’Organizzazione mondiale per la salute animale (WOAH) con sede a Parigi il virus avrebbe già ucciso almeno 214 anatre.

Influenza aviaria nel mondo: come siamo messi?

allevamenti intensivi

In una parola – male. Appena una settimana fa circa le autorità governative del Perù e del vicino Ecuador hanno ritenuto opportuno ufficializzare lo stato di emergenza sanitaria dichiarando una durata di (almeno) tre mesi. Il che, considerando l’andazzo, non dovrebbe sorprendere: ciò che tuttavia ha fatto preoccupare il personale sanitario è che nonostante questi due Paesi sudamericani avessero segnalato i rispettivi primissimi casi non meno di due settimane prima, la situazione ha rapidamente raggiunto la cosiddetta massa critica.

Le misure sono quelle che ormai dovreste conoscere bene: perimetri a tenuta stagna, lunghi periodi di quarantena, allevamenti di pollame tenuti rigorosamente al chiuso, pennuti nelle immediate vicinanze di un focolaio prontamente macellati e seppelliti. Non sono mancate nemmeno le raccomandazioni agli esseri umani: il consiglio delle autorità lovali è quello di evitare il più possibile ogni forma di contatto con gli uccelli, vivi o morti che siano – linee guida apparentemente innocue che tuttavia lasciano intendere il timore che il contagio arrivi a coinvolgere anche l’uomo, come è già successo in Spagna.

A proposito della Spagna – come se la sta cavando il Vecchio Continente? Beh, la risposta è di nuovo la stessa – male. In Europa e Regno Unito sono già stati abbattuti almeno 50 milioni di volatili (la parola chiave è “almeno”: i dati risalgono all’inizio di ottobre e da allora la situazione non è certo migliorata), con la Polonia che di recente ha riportato la presenza di un focolaio di influenza aviaria altamente patogena in un allevamento di quasi 220 mila pennuti.

Numeri da record anche in quel d’Oltreoceano: gli Stati Uniti hanno di recente segnalato un conteggio complessivo dei morti di oltre 50 milioni di uccelli, con il morbo che ha colpito dei greggi in oltre quaranta stati a stelle e strisce – più del doppio rispetto a quanto registrato nel 2015.