Squali di diverse specie e razze morti, le carcasse lasciate in pasto agli altri pesci sui fondali della zona di Marciana Marina, sull‘Isola d’Elba. Ciò che ha particolarmente colpito le autorità locali e ambientaliste, tuttavia, è il fatto che questa moria improvvisa e inusuale abbia poco o niente a che fare con un fenomeno naturale: i resti di molti esemplari mostrano chiari “segni lasciati dall’attività di pesca”, e alcuni squali gattopardi addirittura erano legati con fili da pesca – una “firma” che di fatto lascia poco spazio all’immaginazione.
In questo contesto, Legambiente ha puntato il dito contro un gruppo di pescatori locali: occorre infatti sottolineare che, negli ultimi tempi, sono state installate delle nuove boe per facilitare le operazioni dei sub, permettendo così ai diving center di “ormeggiare senza dare fondo alle ancore” e proteggere i fondali marini portando avanti un programma di promozione per le attività turistiche e sportivi sostenibili. Queste nuove boe, tuttavia, hanno di fatto limitato l’attività di pesca negli immediati dintorni. Da qui l’accusa di Legambiente: i pescatori, evidentemente innervositi dalla restrizione di aree per la pesca, avrebbero preso a seminare questi avvertimenti.
Per di più, Legambiente parla di “un ridottissimo gruppo di persone che ancora pensa al mare come a una proprietà di cui possono disporre solo loro e non come un bene comune che va gestito, conservato e valorizzato per permettere anche alle generazioni future di godere dei suoi frutti e delle sue bellezze, per fare in modo che anche in futuro all’Elba ci siano pesca e pescatori”. L’associazione ovviamente condanna l’uccisione delle specie marine, e sottolinea come di fatto dimostrazioni di questo genere non facciano altro che rivelarsi controproducenti per l’intera categoria di pescatori, oltre a creare “disagio a chi viene sulla nostra isola per godersi una meritata vacanza facendo immersioni nel nostro magnifico mare”.