È stata diffusa la diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, organizzazione non profit che sviluppa e mantiene standard globali per la comunicazione tra imprese, che analizza le tendenze dei consumi alimentari italiani nel 2024, rivelando dati molto interessanti.
In particolare, concentrandosi sulla performance dell’italianità nel carrello della spesa, emerge qualche sorpresa: i riferimenti patriottici sulle confezioni, dalle bandiere a vari slogan, non sembrano più suscitare il fascino dei consumatori, un dato apparentemente negativo, che però sembra essere foriero di una nuova consapevolezza.
Meno made in Italy “generico”, più denominazioni
Il paniere complessivo dei prodotti “italiani” monitorato dall’Osservatorio conta quasi 28.000 referenze, generando oltre 11,6 miliardi di euro nel 2024: rispetto al 2023, le vendite sono aumentate solo dell’1,2% a valore, mentre sono diminuite dello 0,7% in volume, e né i maggiori investimenti in promozione né un incremento dei prezzi inferiore alla media del largo consumo sono riusciti a rilanciare le vendite.
Gli indicatori più diffusi di italianità mostrano performance variabili. La bandiera nazionale, presente su oltre 16.400 prodotti, ha chiuso il 2024 in crescita sia a valore (+2,5%) che a volume (+0,2%). Al contrario, i prodotti con il claim “100% italiano”, pur mantenendo stabile il giro d’affari (+0,2%), hanno visto un calo dell’1,5% nei volumi. Ancora più negativi i dati per le referenze contrassegnate come “prodotto in Italia”, che hanno perso l’1,8% a valore e il 3,6% a volume.
Se l’immagine di un’italianità “generica” non sembra passarsela benissimo sul mercato, i prodotti caratterizzati dalle diverse denominazioni registrano un’ottima crescita: il paniere complessivo delle indicazioni geografiche europee (DOP, DOC e DOCG), che include quasi 4.900 referenze e genera 1,6 miliardi di euro, ha mantenuto stabili i volumi (-0,1%) e segnato un +2,1% del fatturato nel 2024. Nello specifico, i 1.467 prodotti DOP hanno registrato una crescita significativa del 2,7% a volume e del 5,8% a valore, raggiungendo quasi 803 milioni di euro, grazie soprattutto alla spinta dell’offerta e all’aumento dei prezzi.
Altro sintomo di un maggiore interesse da parte dei consumatori è l’attenzione alla regionalità e, per la prima volta, alle tradizioni cittadine: i prodotti che riportano il claim generico “regione/regionale” hanno avuto un balzo in avanti del 9,0% a volume e del 12,3% a valore, con il Trentino-Alto Adige si conferma leader per giro d’affari, con oltre 396 milioni di euro, nonostante un leggero calo. Sardegna e Puglia hanno mostrato crescite notevoli, con la Sardegna che ha ottenuto un +6,8% a volume e la Puglia un cospicuo +13,0% a valore.
A rivelarsi davvero sorprendenti poi sono stati i risultati per i prodotti che fanno riferimento alle tradizioni di specifiche città come Bologna, Genova, Napoli e Roma: circa 1.563 prodotti con questi riferimenti in etichetta hanno generato quasi 579 milioni di euro di vendite nel 2024, con performance particolarmente positive per pasta fresca ripiena e primi piatti pronti.
Ormai la tendenza è chiara, è produttori e responsabili marketing dovranno agire di conseguenza: al consumatore un’indicazione generica di italianità non basta più, e le bandiere e gli slogan dovranno essere sostituiti da una comunicazione ben più specifica e concreta, basata sulle origini e il valore dei prodotti.