Era il 2022 quando la baguette ricevette lo status ufficiale di patrimonio dell’UNESCO, un momento celebrato dalla delegazione francese sollevando trionfalmente in aria i celebri filoni di pane, indissolubilmente legati all’immaginario transalpino, che anche il presidente Emmanuel Macron aveva definito “250 grammi di magia e perfezione nella nostra vita quotidiana”.
Un momento di orgoglio nazionale che sembrava donare immortalità all’icona della panificazione d’oltralpe ma, solo tre anni dopo, il suo consumo da parte dei connazionali è in crisi, tanto da portare la CNN ad un approfondimento per capire la cause di questo declino apparentemente inesorabile.
Sempre meno pane

Storicamente, dopo la Seconda Guerra Mondiale, i francesi consumavano in media più di 700 grammi di pane a persona al giorno, un numero è crollato drasticamente a poco più diù 100 grammi entro il 2015, e oggi sceso ulteriormente a sole a meno di un etto pro capite. Dati confermati anche da un sondaggio del 2023 della Confederazione Nazionale delle Panetterie e Pasticcerie Francesi (CNBPF) ha rivelato che oltre un terzo (36%) degli intervistati aveva ridotto il consumo di pane negli ultimi cinque anni.
Dominique Anract, presidente della CNBPF, ha identificato una delle principali motivazioni in un cambiamento generazionale: “una delle minacce è il fatto che i giovani stanno perdendo l’abitudine di comprare una baguette ogni giorno”. Secondo lui, le nuove generazioni “sono molto felici di avere la tradizionale baguette nei fine settimana quando vanno a trovare i loro genitori, quindi è apprezzata. Ma la vita è diventata più moderna e ci sono diverse opzioni per mangiare fuori senza pane”.
Questo cambiamento ha dato vita alle “neoboulangeries” panetterie che si concentrano su grani antichi, farina biologica e lievito madre a lunga fermentazione, spesso riducendo o eliminando del tutto le baguette. Marion Juhel, chef pasticcera e proprietaria di Seize Heures Trente Pâtisserie-Boulangerie a Rennes, ha scelto deliberatamente di non offrire baguette, considerandole un prodotto ad alto consumo energetico, con poco valore nutrizionale e una breve conservazione che porta a uno dei suoi maggiori crucci: l’eccessivo spreco alimentare. Juhel ha dovuto affrontare la resistenza dei clienti, affermando: “c’era un bisogno reale di educare i clienti in modo che capissero il nostro approccio”. Ha aggiunto: “è vero che i francesi si aspettano che una panetteria abbia delle baguette. E il fatto che noi proclamassimo di essere una panetteria e non le avessimo era inconcepibile per loro”.
Benoît Castel, pioniere del movimento moderno del pane, è noto per il suo “pain du coin”, un pane grande e aromatico, e spiega la sua scelta: “volevo fare questi pani grandi, che sono più tradizionali, come venivano fatti in passato”. Per Castel, questo rinnovato interesse per il lievito madre biologico e le pratiche a zero spreco, come il suo “pain d’hier et de demain” fatto con scorte invendute, riflette un’epoca entusiasmante per la panificazione: “penso che non abbiamo mai mangiato un pane così buono come stiamo facendo in questo momento. Mangiamo ottimo pane oggi a Parigi”.
Ovviamente questa iconoclasta nouvelle vague non convince tutti: Éric Kayser, che sulla sua baguette tradizionale ha costruito un impero globale, vede un problema sull’accessibilità di un prodotto così fondamentale. “Il problema è che quel pane è molto più costoso. Non tutti se lo possono permettere”. Per lui, la baguette semplice, con un costo intorno all’euro, ha soprattutto una funzione sociale: “lo scopo di una baguette è nutrire molte persone. Quelle sono panetterie più elitarie. Non c’è niente di male in questo, ma è solo che corrisponde a un certo tipo di clientela della classe media”, ed è certo che il futuro della baguette non sia in pericolo di estinzione: “mai in un milione di anni. La gente la adora”.
Insomma, la baguette è passata dall’essere una cartolina di identità francese a simbolo di un contrasto generazionale tra artisti della farina, su cui il presidente Anract ha una posizione di moderato ottimismo: “dobbiamo adattarci. Le panetterie hanno sempre attraversato crisi, ma ci siamo sempre reinventati”.

