Se c’è una cosa di cui si può stare certi nel mondo dell’enologia, è che il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, ente che dal 1941 veglia sulla denominazione più celebre del mondo, è molto agguerrito, e svolge il suo ruolo senza fare concessioni: negli anni i casi di aziende punite per aver indebitamente usato il termine Champagne si sprecano, e nemmeno colossi come Yves Saint-Laurent hanno potuto averne ragione.
Torniamo per un attimo al 2020. Le sorelle Delevingne, Poppy, Chloe e la più conosciuta Cara, attrice e modella, come ogni star in cerca di differenziazione si buttano nel mondo del vino, lanciando la loro linea di Prosecco vegano a marchio proprio: “Della Vite” prodotto dalla Foss Marai, cantina di Treviso.
Dopo qualche anno di comunicazione ben fatta ma tutto sommato prevedibile, con le tre sorelle ritratte in shooting fotografici degni di Vogue e qualche stucchevole slogan “live, love, laugh”, questo settembre le tre decidono che è ora di essere più aggressive: “ora gliela faremo vedere allo Champagne”, avranno pensato, e lanciano una campagna ad hoc, in cui se la prendono proprio col re delle bollicine francesi. D’altronde, cosa potrà mai andare storto?
“Tradisci lo Champagne”

Della Vite è stata accusata dal Comité Champagne di sfruttare la reputazione della denominazione. Claim come “tradisci lo Champagne” e: “attenzione: questo non è Champagne”, per quanto furbissimi nell’utilizzo dei termini, non sono proprio piaciuti ai francesi, e Della Vite ha ricevuto una lettera in cui si chiedeva l’immediata cessazione di qualsiasi riferimento allo champagne nel loro marketing.
Nella missiva, visionata dal Times, il Comité Champagne ha espresso chiaramente la propria posizione: “qualsiasi uso del nome di fama internazionale ‘champagne’ che non sia riferito ai vini spumanti aventi diritto a questa denominazione costituisce uno sfruttamento sleale della sua reputazione”. Non solo: “inoltre, tale uso improprio rischia di offuscare il nome e di danneggiare la buona fede associata alla destinazione champagne”.
Le sorelle hanno reagito coerentemente con lo spirito della campagna: si sono rifiutate di aderire alla richiesta, e hanno pure rincarato la dose esibendo la lettera di “cease and desist” al pubblico ludibrio dei social, commentando così: “Lettera d’amore dai nostri amici dello Champagne. Come disse una volta Oscar Wilde, ‘L’unica cosa peggiore del fatto di essere chiacchierati è il non essere chiacchierati.’ Salute!”. Insomma, purché se ne parli.
Poppy Delevingne ha dichiarato al Times che l’intenzione della campagna era di essere “divertente, sfacciata e un po’ provocatoria” e che “non pensavamo sinceramente di aver fatto nulla di male”, e la pronta risposta del Comité era inaspettata: “la gravità della risposta è stata inattesa, ma siamo stati anche lieti di vedere che la campagna stava avendo un impatto e si stava facendo notare”.
Numa Heathcote, amministratore delegato e co-fondatore di Della Vite, offre il suo punto di vista corporate: “vediamo questa reazione come la prova che i nuovi marchi di spumanti che sfidano le consuetudini stanno ridefinendo la conversazione sulla qualità”. Sempre Heathcote: “se il consolidato mondo dello champagne si sente un po’ a disagio, è perché una nuova generazione di consumatori sta definendo il lusso alle proprie condizioni e marchi come Della Vite fanno parte di questo cambiamento”.
Sarà certamente così, e anche se prodotti come gli “Italian Spritz” ready to drink in lattina proposti da Della Vite stanno sicuramente tenendo svegli la notte i produttori da Reims a Bar-sur-Seine, fossimo nelle sorelle Delevingne cominceremmo a pensare a una campagna alternativa, perché il Comité non si accontenterà di una dotta citazione, soprattutto dopo aver esortato il pubblico a concedersi una scappatella, che non verrà perdonata.

