Sono stati presentati i dati dell’undicesima edizione di Food Industry Monitor, osservatorio sulle performance e sui modelli di business delle aziende italiane del food realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Ceresio Investors.
Partendo dall’analisi delle performance di oltre 860 aziende, con un fatturato aggregato di circa 87 miliardi di Euro, attive in 15 comparti del settore food, lo studio offre un punto di vista privilegiato, e le notizie, fortunatamente, sembrano essere positive.
Proiezioni positive per il 2025 e 2026

Carmine Garzia, Professore di Management e responsabile scientifico dell’Osservatorio, commenta i dati sulla crescita. “Il 2024 è stato un anno interlocutorio per settore del food, che è cresciuto a ritmi inferiori rispetto alle previsioni formulate ad inizio anno, allineandosi a quanto è stato riscontrato per il PIL. Le prospettive per il 2025 sono positive, ma andranno sicuramente riviste al ribasso in caso di attivazione dei dazi doganali e qualora l’evoluzione della guerra in Medio Oriente comportasse una contrazione significativa della produzione di petrolio e dei flussi turistici”.
Prosegue Garzia: “per questo l’evoluzione sui mercati internazionali va valutata con grande attenzione. In particolare, l’introduzione di dazi potrebbe comportare una drastica riduzione delle esportazioni. Occorre considerare che solo alcuni player italiani hanno strutture produttive negli USA e potrebbero quindi preservare le proprie quote di mercato, ma questa non è un’opzione alla portata di tutte le aziende”.
Vediamo quindi questi numeri, al netto delle incertezze causate da Trump: nel 2024, i ricavi del settore sono cresciuti del 5,9% confermando performance superiori rispetto all’economia italiana, con un PIL nazionale fermo sullo 0,7%, mentre per il 2025 il settore food dovrebbe confermare, con un 4,6% il trend positivo, seppure con tassi inferiori rispetto all’anno precedente. Per il 2026 si prevede una crescita dei ricavi del +4,4%.
Una crescita sostenuta anche dall’export, che registrerà una crescita del 7,3% nel 2025, leggermente inferiore rispetto al +8,2% del 2024, con previsioni positive anche per il 2026, con un incremento stimato del 7%.
La forza delle aziende familiari italiane
Il vero valore aggiunto del settore food italiano si conferma quello delle imprese familiari che rappresentano il 67% del campione analizzato, e sono la stragrande maggioranza delle realtà in comparti come farine (con il 95% di aziende a proprietà familiare), distillati (83%), olio (82%) e caffè (81%), e anche in comparti caratterizzati dalla presenza di grandi players internazionali, come surgelati, birra e vino, le aziende familiari rimangono prevalenti, seppur con un’incidenza di poco superiore al 50%.
La gestione familiare si contraddistingue per una buona una buona longevità delle imprese, con il 53,3% delle aziende del campione guidate da esponenti della terza generazione, mentre un ulteriore 36,8% ha superato la terza, solo il 9,9% delle aziende è guidata dalle prime due generazioni.
Dal punto di vista delle performance economiche, le aziende familiari si distinguono per risultati mediamente superiori alle non familiari. Il ritorno sul capitale investito (ROI) e il Return on Equity (ROE) sono sensibilmente superiori per le aziende familiari.
L’impresa familiare mostra la sua forza anche in ambito gestionale: i dati mostrano infatti che la presenza di un presidente familiare, che esercita il ruolo di collegamento strategico tra famiglia e impresa, ha un’influenza rilevante e positiva sui redditi.