L’E. Coli è più pericolosa che mai, ed è colpa delle microplastiche

Life in plastic is fantastic, sembra dica l'E. Coli. Un gruppo di scienziati ha analizzato l'interazione tra batteri e microplastiche, e i risultati sono preoccupanti.

L’E. Coli è più pericolosa che mai, ed è colpa delle microplastiche

Dimensioni: un micrometro o meno. Indirizzo: sulla terraferma, negli oceani, lungo la nostra intera catena alimentare e anche e soprattutto all’interno del nostro corpo. Segni particolari: sono in grado di rendere malattie come l’E. Coli ancora più pericolose di quanto già non siano.

La partita di Indovina Chi? più scontata di sempre. Parliamo delle microplastiche, com’è ovvio. Un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign ha passato gli ultimi mesi a studiare il modo in cui le nostre protagoniste reagiscono quando entrano in contatto con agenti patogeni di origine alimentare, in particolare l’Escherichia coli O157:H7. I risultati sono più che eloquenti.

Un “vestito” di microplastica

Coca Cola

Lo studio, primo nel suo genere, è stato poi pubblicato tra le pagine della rivista scientifica Journal of Nanobiotechnology. Gli scienziatihanno preso in esame tre tipi di nanoplastiche a base di polistirene – una con carica positiva, una con carica negativa e una senza carica – e osservato il modo in cui influenzavano la crescita di determinati batteri. Il candidato a carica positva, per così dire, si è rivelato il più pericoloso.

Ci sono più microplastiche nelle bottiglie di vetro che in quelle in plastica Ci sono più microplastiche nelle bottiglie di vetro che in quelle in plastica

Questo perché la carica positiva ha causato un effetto “batteriostatico”, che ha rallentato ma non bloccato la crescita dell’Escherichia coli. E quest’ultimo, badate bene, ha fatto tesoro del tempo extra: si è adattato formando un biofilm che lo rende resistente agli antibiotici e ad altre misure sanitarie. Quando si dice i benefici della vita lenta!

“Proprio come un cane stressato è più propenso a mordere, i batteri stressati sono diventati più virulenti” ha spiegato l’autore principale dello studio, Pratik Banerjee. Il biofilm di cui sopra forma una “struttura batterica molto robusta e difficili da eradicare“. Il dado è tratto: con il nuovo “abito” equipaggiato, il batterio diventa ancora più esperto di sopravvivenza.

Vale poi la pena notare che non si tratta affatto di un caso isolato. Appena una manciata di mesi fa, a marzo, i ricercatori della Boston University hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Applied and Environmental Microbiology, dimostrando che i batteri esposti alle microplastiche potrebbero diventare resistenti a “diversi tipi di antibiotici comunemente usati per trattare le infezioni”. Anche in questo caso i riflettori erano puntati sull’E. Coli.

“Le plastiche forniscono una superficie a cui i batteri si attaccano e colonizzano” ha spiegato Neila Gross, dottoranda in scienza e ingegneria dei materiali e autrice principale dello studio di cui sopra. I biofilm che venivano a formarsi a contatto con le microplastiche “sono molto resistenti e spessi, come una casa con un sacco di isolamento“.