Le mucche possono imparare a fare pipì in bagno, per inquinare meno

L'urina delle mucche inquina il suolo: per ridurre questo effetto un gruppo di ricercatori ha provato ad addestrare i vitelli a farla in appositi luoghi, e ci è riuscito.

Le mucche possono imparare a fare pipì in bagno, per inquinare meno

La pipì delle mucche inquina, quale può essere la soluzione? Insegniamo loro a farla in bagno, come si fa con i bambini piccoli! Non è una fantasia, ma una ricerca scientifica seria, che ha anche portato risultati incoraggianti. Scienziati della Germania e della Nuova Zelanda hanno effettuato esperimenti su un gruppo ristretto di vitelli: in meno di due settimane la maggior parte del 16 soggetti aveva imparato a fare i bisogni in un posto determinato. L’addestramento è avvenuto tramite un sistema di ricompense-dissuasioni: se la facevano dove capitava, i vitelli avevano una vibrazione sgradevole nel collare appositamente messo loro. Se invece andavano “al bagno”, cioè nei recinti predeterminati, ricevevano cibo aromatizzato.

Lo studio riporta che la maggior parte dei bovini ha imparato dopo 20-25 pipì: più o meno lo stesso numero di tentativi che ci vuole a un bambino di 3 o 4 anni, età a cui i genitori tolgono il pannolino. “È così che alcune persone addestrano i propri figli: li mettono sul water, aspettano che facciano pipì, poi li ricompensano se lo fanno. E funziona anche con i vitelli”, ha detto Lindsay Matthews, dell’università di Auckland.

È noto che le mucche con la digestione producono metano, che è un gas serra. Ma anche l’urina in eccesso fa male all’ambiente, perché contiene azoto che nel terreno si decompone in nitrato e protossido d’azoto, altro gas serra. Inoltre la contaminazione delle falde acquifere contribuisce all’inquinamento dei fiumi, cosa che sta succedendo in Nuova Zelanda, uno dei più grandi esportatori di latte e derivati. Buone notizie quindi, ma come sempre per gli uomini e non per gli animali: se questo esperimento riuscito apre “un’opportunità finora mai realizzata per sfruttare le capacità cognitive degli animali“, bisognerebbe anche farsi qualche domanda  sulla serenità con cui sfruttiamo e macelliamo mammiferi dotati di tali “capacità cognitive”, e dallo stesso studio paragonati a bambini di 3 anni.