Il sogno americano si è spezzato in mille frantumi, e le schegge arrivano dovunque. Addirittura se ne trovano tracce belle appuntite anche alla cerimonia di premiazione Michelin. È dello scorso 25 giugno l’annuncio delle nuove stelle in California, fra i numerosi spin off nordamericani della Rossa. Qualcuno però non si è limitato a salire sul palco, ritirare il premio e ringraziare. Il luogo, le circostanze e soprattutto la materia (i ristoranti, il cibo) si sono rivelati il pulpito ideale per lanciare un messaggio. In questo caso di protesta politica contro il pugno di ferro dell’amministrazione Trump sull’immigrazione.
Gli immigrati nutrono l’America
Chi vive negli Stati Uniti se ne accorge quotidianamente. In cucina, in sala, a bordo del camion delle consegne, a fare le pulizie o nel settore della manutenzione, tutti o quasi sono immigrati. Non è un caso, ad esempio, che la lingua più parlata dopo l’inglese sia lo spagnolo. E che spesso chi lavora nel food e nell’hospitality si ritrovi a impararlo per comunicare e fare squadra. Dire che il paese si regge sulle spalle di questi individui non è un’iperbole: la percentuale della forza lavoro, da cuochi a camionisti, agricoltori, addetti alla manifattura del cibo, è impressionante.
Secondo il Migration Policy Institute, gli immigrati rappresentano il 22% dei lavoratori nell’industria del cibo. Una filiera da 2,1 milioni di persone, dal campo alla manifattura, al trasporto, ai mercati e supermercati. Attenzione: perché da queste cifre è escluso chi lavora nei ristoranti. Il settore alimentare si basa in larga parte proprio su questi individui, gli unici disposti a fare immensi sacrifici per realizzare il sogno americano.
Del resto lo sappiamo: i lavori legati alla produzione e distribuzione del cibo sono i meno desiderabili. Spesso sono anche pericolosi, causa di malattie, incidenti, dipendenze, abusi di tutti i tipi. Lo vediamo anche in Italia, specie nel settore agricolo dove il caporalato è sempre dietro l’angolo, a rendere schiavi e purtroppo anche vittime. Per questo le minacce e deportazioni di Trump generano così tanta paura e frustrazione. Come mangia l’America senza immigrati?
La protesta virale
La domanda se l’è posta Aitor Zabala, chef catalano a West Hollywood, California. La sua serata alla premiazione Michelin è stata un successo: il ristorante Somni è stato insignito per la prima volta di tre stelle. Un traguardo da festeggiare, anche perché si tratta dell’unico nuovo tristellato insieme a Providence by chef Michael Cimarusti. Ma anche l’occasione per evidenziare la situazione di paura e incertezza che sta mettendo a dura prova ristoratori e lavoratori del settore.
Al momento della premiazione Zabala si è lanciato sul palco con entusiasmo indossando la giacca da chef. Nessuno si aspettava però che se la togliesse, per rivelare al pubblico la maglietta stampata Immigrants Feed America, gli immigrati nutrono l’America. Pochi secondi e nessun commento, solo l’immagine catturata da alcuni account su Instagram. Una protesta sobria e un messaggio conciso, ma di impatto. La frase racchiude tutto quello detto finora, la realtà quotidiana per milioni di persone. E una dichiarazione su cui riflettere.
Le scelte di Trump non sono una minaccia solo per i diretti interessati: se deporti indiscriminatamente (e senza giusto processo) chi va coltivare i campi? Chi sta in catena di montaggio ai macelli, in condizioni poco migliori di quelle dei poveri animali fatti a pezzi? Chi cucina, chi lava per terra, chi si spezza la schiena dall’alba al tramonto? Il settore alimentare, e di conseguenza molti altri, rischia di collassare. E intanto i prezzi si alzano, messi a dura prova anche dai dazi.
Dopo la ratifica della nuova legge di politica interna, che secondo molti analisti taglia ai poveri per dare ai ricchi, molte più persone non si potranno permettere generi di prima necessità. Non solo: perché nella cosiddetta “Big Beautiful Bill” c’è anche un aumento vertiginoso dei fondi destinati al controllo dell’immigrazione. Un boost impressionante di 170 miliardi tra prigioni e ICE, la polizia dedita al rastrellamento che ultimamente ha assunto carattere politico e paramilitare. Non tira una bella aria. Questa America, costruita proprio dai migranti, assomiglia più a un incubo.