Scrive le mail, a volte i comunicati stampa (e si spiegherebbero molte cose) e, nei casi più disperati o imbarazzanti, anche i messaggi WhatsApp. Poi fa ridere gli zoomer, spaventa i millennials e frega i boomer: già che ci siamo, perché non affidare all’Intelligenza Artificiale anche le sorti della ristorazione italiana?
Proposta un po’ tranchant, ce ne rendiamo conto. Mettiamo un po’ di puntini sulle i, dunque: un modello di IA targato Unilever ha fondamentalmente tracciato le nuove tendenze della ristorazione italiana incrociando i dati raccolti dai menu online con gli ordini dei grossisti. Il risultato? Uno spaccato che restituisce una fotografia più o meno puntuale di un probabile futuro.
Che faccia ha la ristorazione del futuro?
Menu Intel – questo il nome di battesimo dell’app di casa Unilever – ha coinvolto nella propria analisi 1200 ristoratori in tutto, provenienti dal Trentino Alto Adige o dall’area di Roma e provincia. Incrociare i dati, dicevamo, ha portato alla luce tendenze e differenze legate al contesto in cui i locali esaminati sono immersi (nel Trentino, ad esempio, il servizio di alta qualità gioca il ruolo del denominatore comune; mentre a Roma la proposta risulta più standardizzata). Quel che ci interessa, però, è altro.
Il taglio dell’applicazione la porta a inquadrare con occhio di riguardo la riduzione dei costi di produzione. In una dichiarazione rilasciata a IlSole24Ore Alessandro Alaimo Di Loro, head of country di Unilever Food Solution Italia, ha parlato di “soluzioni con effetti sulla redditività”: soluzioni che “riducono il tempo di preparazione, quindi il costo della manodopera e dell’energia necessaria”.
Ci viene utile, a questo punto, valutare i risultati di un secondo progetto di Unilever: trattasi di Future Menus, che informa gli addetti ai lavori sulle tendenze di settore aiutandoli così a concretizzarli in opportunità di crescita. E il gioco delle tendenze, di fatto, parla di forte interesse per la cucina asiatica e sudamericana; con le correnti cinesi e giapponesi che si collocano tra le cinque preferite dai consumatori di tutte le fasce d’età. Insomma: tocca fare due più due.
A incrociare quanto emerso dai rapporti e ad applicarlo alla realtà il risultato pare scontato – se si ha intenzione di aprire un ristorante tocca farlo con cucina orientale, e più precisamente cinese o giapponese. E di fatto in un mondo come quello della ristorazione italiana, che nel 2024 si è distinto per un crollo di aperture, quanto proposto può sembrare la tanto agognata soluzione. Quel che resta è la domanda: applicheremo uno a uno gli spunti dell’intelligenza artificiale, come già spesso si fa per le mail più antipatiche? E se sì, il panorama della ristorazione nazionale muterà dunque in aperture omologate e ubbidienti ai trend? E che rimarrà, quando il vento prende a cambiare?