PepsiCo, la recessione fa paura: licenziati centinaia di dipendenti

Le grandi aziende temono l'impatto della recessione e cercano di tagliare i costi: PepsiCo ha licenziato centinaia di dipendenti.

PepsiCo, la recessione fa paura: licenziati centinaia di dipendenti

Signore e signori, c’è ben poco da fare – la dura legge del numero fa paura a tutti. Di che si tratta, chiedete? Semplice: è la legge che entra in gioco quando i conti non quadrano, quando la spesa è più grande del guadagno, quando i soldini rischiano di non essere abbastanza. Chiaro, no? Non si scappa: i numeri non ascoltano storie e ingannarli è davvero difficile. Ebbene, abbiamo fatto questa introduzione per raccontarvi che di fatto diverse grandi aziende temono che la folle galoppata del tasso di inflazione possa far scivolare l’economia in recessione, e pertanto stanno adottando misure “paracadute” per contenere i costi e rimanere a galla: è questo anche il caso della PepsiCo, che ha recentemente licenziato centinaia di dipendenti nella sua divisione nordamericana di snack e bevande.

Tagli al personale per rimanere a galla

soldi

La “soffiata”, se così vogliamo chiamarla, è stata lanciata dal Wall Street Journal, che di fatto parla di un piano “per semplificare l’organizzazione in modo da poter operare in modo più efficiente”. Insomma, un taglio da centinaia di posti di lavoro ci sembra una cura dimagrante decisamente efficace, anche se ci chiediamo se non ci fossero alternative migliori. Stando a quanto lasciato trapelare dai media a stelle e strisce il colosso delle bevande starebbe licenziando i dipendenti presso le sedi centrali di Chicago, New York e Plano, in Texas; ma i dettagli dell’operazione sembrano ancora sconosciuti.

Come accennato, tuttavia, il caso di PepsiCo non è decisamente un episodio isolato: tra gli altri grandi nomi che operano nell’eterogeneo settore del food & beverage spicca ad esempio il caso di DoorDash, che in una lettera firmata dal CEO Tony Xu e indirizzata agli stessi dipendenti ha annunciato il taglio di 1250 posti di lavoro. Il documento affermava che la società di consegna di cibo “non è immune alle sfide esterne” e che la crescita dell’azienda è “diminuita” a seguito di un’espansione “improvvisa e senza precedenti” dell’era Covid quando i consumatori si erano rivolti ai servizi di consegna. In altre parole, i consumi sono diminuiti e non c’è più bisogno di tutto questo personale.

In passato vi abbiamo anche parlato del ridimensionamento (ben più modesto rispetto a quello di DoorDash) di Beyond Meat, che ha lasciato a casa circa 200 dipendenti: anche in questo caso l’azienda ha lasciato intendere di stare soffrendo in particolare modo la morsa dell’inflazione, ma gli esperti ipotizzarono che il settore di riferimento – quello della carne vegetale – fosse ancora troppo fragile.