La Cina, a differenza di Trump, ha capito come colpirci davvero al cuore. A Pechino la faccenda dei dazi UE sull’importazione di auto elettriche made in China non è mai davvero andata giù. Così stavolta il Ministero del Commercio cinese decide di contro ribattere con ingenti dazi sulla carne di maiale proveniente dall’Unione. Le percentuali proposte, seppur temporanee, fanno preoccupare gli allevatori di suini europei. Ma i vertici rassicurano: “Proteggeremo la suinicoltura”.
Dazi anti dumping
Dapprima ci furono i formaggi. Poi il prosciutto. Insomma, questi cinesi fanno volentieri a meno del classico panino all’europea, che si tratti di un toast o un croque monsieur. Problema loro, verrebbe da dire, e invece no. I nuovi dazi sull’importazione di carne di maiale si preannunciano catastrofici per la suinicoltura UE. Con cifre che vanno dal 15,6 al 62,4 percento giustamente l’Europa comincia a preoccuparsi. A essere più colpiti, secondo le analisi, sono Spagna, Paesi Bassi, Danimarca, Germania, Belgio.
Cosa è successo? Secondo gli osservatori, la mossa di Pechino non sarebbe altro che una ritorsione contro i dazi sulle e-car cinesi. Secondo i diretti interessati invece, si tratta di misure anti dumping. Dicasi dumping: pratica per cui le grandi imprese (esterne) introducono sul mercato prodotti a prezzo molto inferiore rispetto al mercato (interno). Il Ministero del Commercio cinese lo ha detto chiaro e tondo: “Prove preliminari indicano che la carne di maiale e i prodotti derivati importati dall’UE sono oggetto di dumping, causando danni sostanziali all’industria nazionale interessata”.
Allarme tra allevatori e imprese
La conseguenza è il panico, condiviso tra agricoltori, allevatori e industria. I dazi annunciati saranno pure temporanei, ma un gigante come la Cina rischia di mettere in ginocchio intere filiere. In questo quadro di incertezza ci pensa Olof Gill in veste di portavoce al Commercio a calmare gli animi. “La Commissione, agendo per conto dell’UE, fa il massimo per assicurare che, per quanto riguarda le relazioni commerciali nel mondo, vengano massimizzate le opportunità di esportazioni per i nostri operatori, anche per quanto riguarda la carne di maiale”.
Gill cita il surplus di 60-70 miliardi di euro nell’agroalimentare, come a dire che alle brutte gli allevatori hanno il didietro parato. E in ogni caso non la fa passare liscia a Pechino, citando chiaramente i sospetti di ritorsione riguardo questi nuovi, improvvisi dazi. “Prendiamo atto e guarderemo i dettagli, ma riguardo all’indagine della Cina che ha preceduto la decisione, l’abbiamo seguita con attenzione e, a quanto ci risulta, era basata su accuse dubbie e prove insufficienti”. E poi, appunto, bisogna vedere quanto i cinesi riescono effettivamente a stare senza il nostro prosciutto.