Perché compriamo ancora i giornali di carta? Per il fuoco della grigliata, dice uno studio

Una ricerca scientifica si chiede cosa leghi ancora i lettori al formato cartaceo, e dà delle risposte non proprio lusinghiere.

Perché compriamo ancora i giornali di carta? Per il fuoco della grigliata, dice uno studio

Perché la gente non legge più i giornali di carta? Tra noi addetti ai lavori, anche quelli che ormai scrivono solo su testate online, la domanda è una specie di tormentone che riaffiora ogni tanto, ed è seguita dalle immancabili lamentazioni e dai dove andremo a finire, signora mia. Uno studio sulla rivista New Media & Society – con interviste a 488 consumatori di notizie in Argentina, Finlandia, Israele, Giappone e Stati Uniti – prova a rovesciare la domanda: perché le persone comprano ancora i giornali cartacei, in un’era digitale dominata da dispositivi mobili e social media? Le risposte sono curiose, anche se nient’affatto lusinghiere per chi produce i contenuti: è venuto fuori infatti che l’affezione verso il formato giornale può dipendere da una serie di abitudini e usi, anche creativi o redisuali. Tra questi: accendere il fuoco per farsi una bella grigliata.

In gran parte della ricerca sulla comunicazione molta enfasi è posta su fattori “media-centric” come i contenuti e la tecnologia, ad esempio sul modo in cui le persone rispondono a diversi tipi di informazione, o su come i vari strumenti e piattaforme potrebbero influenzare le esperienze che le persone hanno e le preferenze che esprimono sull’uso dei media. Ma questo, sostengono gli autori dello studio, manca il punto di come i media sono effettivamente vissuti dalle persone nel quotidiano: l’esperienza tattile, sociale e rituale del prodotto giornale stampato.

Gli autori aprono il loro articolo con aneddoti su due uomini, uno in Argentina e l’altro in Finlandia, che ricevono regolarmente il giornale, ma non proprio per le notizie: per accendere un fuoco per il barbecue (in Argentina) o per iniziare a riscaldare la stufa a legna della sauna (in Finlandia). “Nonostante i quasi 13.000 km che li separano”, scrivono gli autori, “c’è una comunanza tra le pratiche di José e Antero: l’appropriazione del giornale è legata a pratiche non giornalistiche che sono significative per gli attori sebbene possano sembrare banali per alcuni studiosi. Questa comunanza è fondamentale per rispondere alla domanda su come e perché le persone continuano a ricevere giornali cartacei in questa epoca di comunicazione mobile e social media”.

Al di là della partenza aneddotica – che ci ha permesso di fare questo titolo, il che testimonia che gli autori conoscono bene il mondo della comunicazione – lo studio è serio e illumina una serie di fattori che hanno a che fare più con abitudini e pratiche culturali, che con il progresso della tecnologia. Per esempio, in Israele i giornali sono pochissimo venduti in edicola o in abbonamento, ma sono veicolo di socialità: spesso vengono letti perché portati da qualcun altro, o in spazi pubblici come i bar. All’estemo opposto il Giappone, dove c’è una storica forte attitudine all’acquisto.

In ogni caso, se si vogliono trarre suggerimenti dalla storia, o idee per salvare i giornali di carta, dovremmo menzionare una serie di usi, alimentari o meno, che vanno dalla conservazione delle patate alla pulizia dei vetri. Io i quotidiani li uso spesso quando travaso l’olio dalla damigiana alle bottiglie, per evitare che il pavimento divenga pericolosamente scivoloso. Il riuso dei giornali cartacei assume anche una valenza simbolica della velocità con cui vengono digerite e dimenticate le notizie. Un vecchio maestro del giornalismo italiano diceva, per non farci sentire troppo importanti: “Ricordatevi che il giorno dopo, con il quotidiano ci si incarta il pesce“. Oggi, al limite possiamo immaginare un tizio come quel boomer della pubblicità, che scambiava il tablet per un tagliere: ogni era ha le metafore (giornalistiche) che si merita.