Pizza: qual è l’impatto climatico di una margherita?

Qual è l'impatto climatico della pizza? Una ricerca ha calcolato le emissioni di CO2 di uno dei piatti più iconici della cucina italiana.

Pizza: qual è l’impatto climatico di una margherita?

Vi siete mai chiesti quanto stiate facendo male al pianeta quando mangiate una margherita? No? Beh, manco noi a dirla tutta. Qualcuno, tuttavia, ha deciso di analizzare l’impatto climatico della pizza – per la serie “i sensi di colpa non sono mai abbastanza” – calcolandone le emissioni di CO2. D’altronde, non si tratta certo della prima volta che il settore alimentare viene preso in esame secondo la sua (complicata) relazione con il cambiamento climatico: pensiamo all’evidente legame tra il consumo di carne, gli allevamenti intensivi e l’inquinamento. Insomma, in altre parole nella ricerca redatta dallo Studio Fieschi in occasione della Giornata Mondiale della Pizza cambiano gli interpreti ma non il contesto: solamente, anziché misurare le emissioni di un allevamento sovraffollato, si prendono in esame acqua, farina, mozzarella e pomodoro.

Ok, ma come si calcolano le emissioni di CO2 di una pizza?

pizza

Un’ottima domanda. La metodologia adottata dai ricercatori dello Studio Fieschi, realtà che si occupa di sostenibilità e di misurazione degli impatti ambientali, è l’analisi del ciclo di vita (LCA per gli amici), ossia quella che raccoglie il maggior consenso della comunità scientifica internazionale.

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Il punto di partenza, naturalmente, è la margherita: l’impronta di carbonio della regina delle pizze è di circa 0,7 chilogrammi di CO2eq (CO2 equivalente) – un dato che è stato ottenuto prendendo in considerazione i soli ingredienti necessari (quindi – importante notarlo – non il processo di cottura) per preparare una pizza con un diametro compreso tra i 28 e i 30 centimetri.

L’impronta calcolata si abbassa drammaticamente nel caso della marinara, ossia priva di mozzarella: in questo caso il rapporto indica un insieme complessivo di emissioni pari ad appena 0,2 chilogrammi di CO2eq, cioè circa un quarto della margherita. La cosiddetta pietra dello scandalo, come potrete avere intuito, è proprio la mozzarella: da un punto di vista climatico, infatti, il formaggio contribuisce per circa il 75% delle emissioni di CO2 della margherita.

Che significa? Che per salvare il pianeta è meglio rinunciare in toto alla mozzarella? Gli esperti dello Studio Fieschi parlano chiaro: “No, gli impatti climatici della mozzarella non devono indurci a evitare di ordinare una margherita” si legge nel rapporto. “Semmai è utile sapere che in base agli ingredienti, il profilo climatico delle pizze che scegliamo può essere molto diverso”.

Alcuni esempi? Beh, tendenzialmente le pizze che includono ingredienti a base di carne, come il prosciutto, la salsiccia o i wurstel hanno un impronta climatica decisamente più marcata rispetto alle “colleghe” vegetariane – una semplice conseguenza del processo che porta tali ingredienti dal “campo” alla tavola. In definitiva, lo studio invita comunque a tenere a bada i sensi di colpa: “Possiamo comunque considerare la pizza un piatto più sostenibile di altri pasti” conclude il rapporto “fra cui quelli a sola base di carne”.