Ravenna, ristorante usa il marchio di Antonino Cannavacciuolo per farsi pubblicità: tre persone a processo

Un ristorante di Marina di Ravenna ha utilizzato il marchio registrato dello chef Antonino Cannavacciuolo per farsi pubblicità.

Ravenna, ristorante usa il marchio di Antonino Cannavacciuolo per farsi pubblicità: tre persone a processo

Utilizzare il marchio registrato di uno degli chef più famosi di tutto lo Stivale, ormai volto iconico di MasterChef e recentemente premiato con le tre stelle Michelin da ricamare sulla propria casacca, e sperare che nessuno se ne accorga – un piano davvero impeccabile, non c’è che dire. Ci stiamo riferendo a quanto accaduto presso Marina di Ravenna, dove tre persone sono finite sotto processo con l’accusa di avere indebitamente utilizzato il marchio di Antonino Cannavacciuolo per pubblicizzare l’inaugurazione di un ristorante. Ora, possiamo anche comprendere la volontà di partire col botto, che d’altronde sono tempi difficili e tutto un po’, ma davvero – ci sembra un po’ ingenuo sperare che il tutto passasse inosservato.

“Ah non posso?”

antonino cannavacciuolo

Partiamo dalle origini. A sporgere la denuncia ai carabinieri della Stazione di Orta San Giulio, paese in provincia di Novara in cui è situata anche Villa Crespi, è stato proprio lo stesso chef che a sua volta era stato avvisato del tutto via Facebook da un’amica. La cosiddetta pietra dello scandalo, che ha naturalmente attirato l’attenzione dell’amica in questione e poi innescato il movimento della macchina della legge, era un semplice volantino che pubblicizzava la riapertura di un ristorante presso Marina di Ravenna con tanto di menu di pesce e crudité curato dallo stesso Cannavacciuolo.

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Un poco sospetto, insomma. Il volantino di cui sopra, tuttavia, non era affatto l’unico materiale pubblicitario utilizzato dal locale in questione: scava un po’ di qua, vai a curiosare un po’ dall’altra parte, ed ecco che emerge un camion vela con la gigantografia dello chef naturalmente accostata al nome del ristorante. Il pesce puzza dalla testa, si dice – motivo per cui lo chef ha ritenuto opportuno dare incarico alla sua segretaria di fingersi cliente e di chiamare il locale incriminato per chiedere qualche informazione.

Una telefonata apparentemente innocua ma registrata e les jeux sont faits – da qui in poi per gli inquirenti è tutta in discesa. Risalire alla tipografia che ha realizzato il materiale è stato semplice, e da lì si è passato ai presunti committenti: un 63enne di Lumezzane e una coppia di 32 e 50 anni residenti a Marina Romea, sul litorale ravennate. Per tutti loro il processo partirà a fine mese davanti al Tribunale monocratico di Ravenna, ma questa bizzarra vicenda ha ancora un’ultima sorpresa.

Stando a quanto lasciato trapelare dagli interrogatori dei carabinieri con la 32enne, infatti, quest’ultima avrebbe ammesso di avere ricevuto il menu dallo stesso Cannavacciuolo qualche anno prima, nel 2016, in occasione del programma Cucine da Incubo quando lei gestiva un ristorante in quel di Suzzara, in provincia di Mantova. La donna era apparentemente convinta che si potesse usare per fare pubblicità.