Ristoranti: dopo 5 anni la metà chiude, dice Fipe

La Fipe lancia un allarme "moria" per ristoranti e bar: dopo 5 anni ne sopravvive solo la metà e a quanto pare questo tasso preoccupante è indipendente dal Covid.

Ristoranti: dopo 5 anni la metà chiude, dice Fipe

Mediamente su 100 imprese tra ristoranti e bar che nascono, dopo 5 anni ne restano in vita al massimo 45: ecco perché l’allarme “moria” da parte del Fipe ed è interessante che si parli del tasso di mortalità della ristorazione indipendentemente dal covid, che talvolta si è beccato pure le colpe che non ha in merito alle chiusure.

A lanciare l’allarme è una ricerca rilasciata da Fipe Confcommercio, diffusa in occasione della nascita de “Gli Storici”, l’associazione-sindacato che mira a tutelare i locali con almeno 70 anni di storia alle spalle: secondo quanto riporta, ogni anno 25 mila imprese cessano la propria attività, registrando quindi un tasso sopravvivenza di circa 11 anni. Praticamente la metà non supera i 5 anni e no, per una volta, il Coronavirus non c’entra.

L’età media dei pubblici esercizi è intorno agli 11 anni, (11,4 anni per i Ristoranti, 11,7 anni i bar e 13 anni le gelaterie) e questo vuol dire che ci sono trasformazioni molto repentine nel settore“, ha illustrato Luciano Sbraga, direttore dell’Ufficio studi Fipe Confcommercio. “Il vero problema del settore, che fa da contraltare alle attività ultra decennali e anche centenarie dei locali storici, è il tasso di sopravvivenza delle imprese che è molto basso. Siamo un sistema molto diffuso, un valore territoriale ma anche con un rovescio della medaglia dato da un turn over imprenditoriale molto spinto“.

Se non è il Covid il principale colpevole, allora chi è? La ricerca Fipe evidenzia che i bar e i ristoranti sono anche troppi rispetto ad altri Paesi europei: 300 mila dislocati nelle grandi città come nei piccoli comuni e borghi, 146 mila ristoranti e 127 mila bar, ovvero 452 imprese ogni 100 mila abitanti a fronte di una media europea di 325 imprese ogni 100 mila. Sempre secondo Sbraga: “nei centri storici, per diversi fattori che la pandemia accentuerà nei prossimi anni, nascono attività molto piccole, ‘take away’ perché c’è un grande problema del valore degli asset immobiliari che sono la vera discriminante: non conviene avere grosse metrature, a differenza dei locali storici ma che tra l’altro rende loro la vita molto difficile”.

[Fonte: Adnkronos]