Roma: sciopero delle mense delle caserme, militari rischiano di rimanere a digiuno

Roma: sciopero delle mense delle caserme, militari rischiano di rimanere a digiuno

A Roma gli addetti delle mense delle caserme scioperano, ma così facendo i militari rischiano di rimanere a digiuno. Solo che, viste le condizioni di lavoro, i lavoratori della Ladisa, l’azienda di ristorazione collettiva che ha vinto l’appalto per le mense delle caserme, tutti i torti non li hanno.

I dipedenti avevano già scioperato lo scorso 13 ottobre nelle caserme di Civitavecchia, ma adesso Filcams Cgil Roma Lazio, Fisascat Cisl Roma Capitale e Rieti, Uiltucs Roma e Lazio hanno deciso di proclamare lo stato di agitazione in tutta la regione. Il fatto è che i dipendenti lamentano diverse problematiche e criticità che devono essere risolte.

Per esempio, il personale assente, anche in caso di assenza prolungata o programmata, non viene mai sostituito, cosa che aumenta la mole di lavoro per chi rimane. Inoltre pare che anche le ore supplementari non vengano pagate.

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I sindacati spiegano che, all’interno degli appalti, persiste un mancato adeguamento dell’organico, un rapporto pasti/ore preteso che è al di fuori di ogni legge del settore e carichi di lavoro altissimi, impossibili da mantenere. Un esempio? Nelle mense scolastiche il rapporto pasti/ore è del 6.5%, mentre per la Ladisa nelle mense delle caserme è del 12%.

Paolo Cristiani, segretario generale della Filcams Cgil Civitavecchia Roma Nord Viterbo, ha spiegato che questo genera una cascata di altri problemi, in primis carichi di lavoro durissimi soprattutto considerando che gli addetti alla mensa di solito hanno un’età media alta.

Un altro problema segnalato dai sindacati è quello relativo alla diffusa abitudine di usare personale in maniera impropria rispetto alle proprie mansioni e l’uso altrettanto improprio di ammortizzatori sociali anche in quegli appalti dove non sarebbe necessario. Mancano poi cronicamente gli strumenti di lavoro, non viene fatta la manutenzione e tutto ciò pesa sulla salute e sicurezza dei lavoratori.

E ancora: gli addetti alla mensa vengono spostati da una caserma all’altra come se fossero pedine, senza che siano pagati loro i trasferimenti che, l’azienda stessa, aveva garantito sarebbero stati riconosciuti. Da qui nasce la protesta: se la voce dei lavoratori e dei sindacati non verrà ascoltata, ecco che si potrebbe arrivare allo sciopero vero e proprio. Il che vuol dire piatti vuoti per i militari.

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