Sappiamo pochissimo del latte che beviamo, ed è un problema

Un'indagine dimostra come la conoscenza degli italiani sul latte sia preoccupantemente scarsa, alternative vegetali comprese.

Sappiamo pochissimo del latte che beviamo, ed è un problema

La quotidianità di un gesto come bere un bicchiere di latte, aggiungerlo al caffè che si beve tutte le mattine o usarlo come ingrediente in cucina o in pasticceria, lascerebbe supporre che gli italiani abbiano una certa conoscenza sul prodotto e sulla sua filiera produttiva.

Supposizione sbagliata, come dimostra un’indagine condotta dall’Osservatorio di CremonaFiere, nato all’interno del Comitato scientifico delle Fiere Zootecniche Internazionali, con l’obiettivo di valutare la reale consapevolezza su temi cruciali come il benessere animale, la sostenibilità ambientale, l’innovazione tecnologica, la nutrizione, i prodotti vegetali alternativi e la sicurezza alimentare: i risultati denotano una preoccupante mancanza di conoscenza su questi temi, fondamentali per il comparto.

Cosa sappiamo del latte che beviamo? Molto poco

latte sul fuoco

La ricerca ha coinvolto oltre mille residenti nella provincia di Cremona tramite un questionario a risposta multipla, e i suoi risultati delineano una conoscenza spesso superficiale, se non errata, più influenzata dalla pubblicità e dalle strategie di marketing che da informazioni oggettive e scientificamente corrette.

Oltre a questo, i consumatori si dimostrano sensibili a questioni legate al benessere degli animali e all’ambiente, ma meno disposti a sostenerle economicamente: il 72% degli interpellati infatti identifica correttamente la libertà da fame e sete come principi base del benessere animale e il 90% comprende il rispetto delle esigenze fisiche e psicologiche degli animali. Nonostante il 65% poi si dichiari sensibile al tema in fase di acquisto, solo il 5% è disposto a pagare fino al 5% in più per prodotti certificati in tal senso.

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Il divario tra teoria e volontà di spesa si amplia ulteriormente quando si tratta di sostenibilità ambientale. Pur considerandolo un tema cruciale, l’80% degli intervistati non è disposto a sostenere economicamente le aziende che investono in processi più ecologici, e appena il 3% spenderebbe qualcosa in più.

Notte fonda per quanto riguarda la conoscenza delle tecnologie impiegate in agricoltura e negli allevamenti. Strumenti come collari intelligenti, sistemi GPS e chip RFID sono erroneamente percepiti come orientati esclusivamente al profitto, e non mancano persino leggende metropolitane, con alcuni che credono che i droni vengano utilizzati per trasportare il cibo agli animali.

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La situazione non migliora sul fronte delle alternative vegetali al latte, ambito in cui permane una confusione diffusa, e le loro proprietà nutrizionali, etiche e anallergiche sono pressoché sconosciute. Un quadro preoccupante a cui va aggiunta una profonda diffidenza verso allevatori e industria della trasformazione, percepiti come attori più interessati al guadagno che alla qualità, alla sicurezza alimentare e al benessere del consumatore.

L’Osservatorio di CremonaFiere continuerà a monitorare questi aspetti, presentando i risultati completi durante l’evento “Il Gusto di Saperlo” il 28 novembre alle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona, con l’obiettivo di avviare un confronto con gli attori della filiera per rispondere alla necessità urgente di formare consumatori più consapevoli, informati e capaci di scelte responsabili.