Questa storia assai delicata e particolare arriva dalla Sardegna. A portarla alla ribalta è stata Irene Testa, la Garante delle persone private della libertà personale della regione. Un uomo affetto da picacismo, da 16 anni vive con una maschera sul volto e con le mani legate in quanto la sua patologia lo spinge a ingerire tutto ciò che gli si para davanti, anche se non edibile: per la Garante, la “terapia” impostata è più una tortura e chiede che sia fatta chiarezza sulla situazione.
Sardegna: esiste una terapia per il picacismo?
Prima di tutto, che cos’è il picacismo? Noto anche come pica, si tratta di un disturbo del comportamento alimentare che spinge le persone affette a mangiare qualsiasi cosa, anche sostanze non alimentari. Frequente, per esempio, l’ingestione di terriccio o carta. Ma chi ne soffre può arrivare a ingerire anche sostanze tossiche come vernici o detergenti. Questa patologia può svilupparsi anche nel contesto di altri disturbi psichiatrici, come la schizofrenia.
Tornando al caso specifico, Bruno si trova ricoverato nella struttura Aias di Cortoghiana, proprio a causa del suo picacismo. Di giorno deve indossare una maschera con una grata sul viso, mentre le mani sono legate in quelle che sembrerebbero calze. Tutto questo è fatto per impedire che mangi sostanze non alimentari, evitando danni alla sua salute.
La Garante ha però riportato alla luce questo caso che era già stato segnalato anni fa da Gisella Trincas Maglione, presidente dell’Unasam. All’epoca la situazione era stata resa nota al ministro della Salute, al presidente del Consiglio regionale e alla Procura, ma non si era giunti ad alcuna soluzione.
Irene Testa, però, ora non vuole rassegnarsi: sostiene di non poter accettare che una persona malata sia sottoposta a un “trattamento che sembra una tortura”. Testa ha spiegato di aver atteso un giorno prima di rendere pubblico ciò che aveva visto all’Aias di Cortoghiana. Ammette di non essere un medico e che non spetta a lei fornire soluzioni magari semplicistiche e guidate dall’onda emotiva.
Ma in quanto Garante ha il dovere di occuparsi di specifici casi. Chiede dunque alle istituzioni di fare qualcosa per Bruno e per tutti gli altri Bruno nella medesima situazione.
Il problema, però, non è di semplice gestione. Come già spiegato in precedenza, da una parte c’è la mancanza di fondi, personale e di una struttura che possa trattare una patologia come questa. Dall’altra parte, si è di fronte a una malattia di non facile risoluzione.
La scelta di far indossare a Bruno una maschera e quelle specie di guanti-calze è derivata dal fatto che esisteva un rischio concreto per la salute dell’uomo. Bruno, infatti, è affetto anche da altre patologie gravi e soffre di un grave ritardo mentale che lo rende incapace di qualsiasi tipo di comunicazione verbale.
Questo fa sì che l’uomo non sia autosufficiente: per gestire un caso di picacismo come il suo, considerate anche tutte le patologie collaterali, servirebbe una sorveglianza 24 ore su 24. Già in precedenza i responsabili della struttura nella quale Bruno è ricoverato avevano spiegato che tale misura si era resa necessaria in quanto l’uomo, per via del suo picacismo, in passato era stato sottoposto a interventi chirurgici di emergenza.
La situazione non consentiva alternative, a meno di non ricoverarlo in altra struttura che permetta di occuparsi di lui in maniera differente.
Come spiegato da Alessandra Nivoli, docente di psichiatria presso l’Università di Sassari, direttrice della Clinica psichiatrica e responsabile del Centro di vittimologia dell’Aou di Sassari, la diagnosi e la gestione del picacismo non è per niente facile. Questo perché, spesso, il picacismo fa parte di un disturbo mentale più grave, soprattutto di tipo ossessivo-compulsivo.
In questi casi il paziente non riesce assolutamente a controllarsi e mette in atto sempre e comunque il suo comportamento, in questo caso l’ingestione di sostanze o anche oggetti. Bisogna poi considerare che non esiste una terapia specifica per il picacismo.
Quella che si può attuare è una terapia di tipo cognitivo-comportamentale, ma questo è un tipo di terapia che non dà risultati in due giorni. Inoltre bisogna anche considerare che, se il picacismo fa parte di un più ampio disturbo comportamentale, come per esempio la schizofrenia, ecco che la terapia dovrà riguardare il disturbo principale, quindi si parla di psicofarmaci.
Per quanto concerne la schizofrenia, però, un 30% dei pazienti è resistente ai farmaci. Se questo fosse il caso di Bruno, ecco che il paziente finisce col diventare schiavo del suo sintomo, ingerendo o sostanze chimiche pericolose o oggetti che causano ostruzioni intestinali e richiedono un interveto chirurgico.