Siccità, c’è un quinto in meno di acqua disponibile rispetto a 30 anni fa

Negli ultimi trent'anni il valore medio annuo di acqua disponibile si è ridotto del 19%: una tendenza resa ancora più preoccupante dalla siccità attuale.

siccità

Prendendo in considerazione l’ultimo trentennio, che va dal 1991 al 2020, si evince che il valore annuo medio di acqua disponibile è ridotto del 19% rispetto a quello relativo al trentennio precedente (tra il 1921 e il 1950), che di fatto rappresenta il valore di riferimento storico. È quanto emerso dal più recente rapporto redatto dall”Ispra (l’istituto di ricerca del Ministero della Transizione ecologica), i cui risultati mettono in risalto una chiara tendenza negativa – poi sfociata nell’attuale siccità.

Fiume Po

Nello specifico, la netta carenza di precipitazioni che ha interessato l’Italia centro-settentrionale fin dai primi mesi dell’anno potrebbe determinare, secondo le stime degli esperti, una riduzione della disponibilità di risorsa idrica su livello nazionale che va dal 10% nella proiezione a breve termine, nel caso in cui venga adottato un approccio aggressivo nella riduzione delle emissioni di gas serra, fino al 40% (con preoccupanti punte del 90% per alcune aree del Sud Italia) in quella a lungo termine, che di fatto ipotizza una crescita delle emissioni coerente con i ritmi attuali.

Ricordiamo che la stretta della siccità sta determinando una crisi particolarmente severa soprattutto nel distretto idrografico del fiume Po: il livello delle acque raggiunse dei record storici (in senso negativo, si capisce) già nei primi giorni di marzo, e le analisi più recenti segnalano una grave risalita del cuneo salino. La situazione non è migliore nelle Alpi Orientali o nell’Appennino Settentrionale, dove secondo gli Osservatori distrettuali permanenti per gli utilizzi idrici la severità idrica media, mentre il tratto dell’Appennino Centrale segna preoccupanti tendenze di peggioramento – in particolar modo nell’Umbria e nelle Marche.