Tre stelle Michelin di Enrico Bartolini al Mudec? Immeritate per Federico Ferrero

Federico Ferrero, che pubblica sui social network una sua vecchia recensione in cui stroncava il Mudec di Enrico Bartolini, spiegando così perché, a suo parere, le tre stelle al ristorante sono del tutto immeritate.

Tre stelle Michelin di Enrico Bartolini al Mudec? Immeritate per Federico Ferrero

Federico Francesco Ferrero dice la sua sulle tre stelle Michelin date al Mudec di Enrico Bartolini a Milano, definendole “immeritate”. L’ex concorrente e vincitore di Masterchef Italia, diventato poi per qualche tempo una firma gastronomica de La Stampa, posta sulla sua pagina Facebook una sua vecchia recensione del ristorante milanese pubblicata appunto dal quotidiano di Torino, in cui raccontava (con diverse critiche) la sua esperienza al Mudec.

Nel testo che accompagna il post, Federico Ferrero spiega le sue enormi perplessità sul riconoscimento dato al ristorante di Bartolini, parlando esplicitamente di una terza stella immeritata. “Per quelli di Voi che, lo so, stavano aspettando il mio commento, ricordo che, a prescindere da quello che possiate pensare, le stelle Michelin contano eccome”, scrive FFF sui social. “”Per il mio compleanno mi regalo uno stellato!”. E si mette mano al portafoglio e, ahimè, non alle aspettative del palato ma a quelle dell’iphone. Le stelle Michelin muovono milioni e portano persone totalmente inconsapevoli sulla sogli di ristoranti carissimi, dove non si sarebbero mai sognati di affacciarsi. E ieri la terza, immeritata, stella l’ha presa Enrico Bartolini, ottimo professionista e grande manager che gestisce più locali nel Paese, ma che, di certo, non “vale il viaggio” da Tokio (e vabbe’, un piccolo refuso può scappare, no? Ndr) solo per cenare al Mudec, come vorrebbero i parametri per l’assegnazione della terza stella, appena rilasciata ieri. Vi dico la verità, questo premio alla mediocrità significa che l’Italia non conta più un bel nulla nel mondo dell’alta gastronomia mondiale: hanno dato un contentino a Milano, unica città globale, premiando il meno peggio.  Ancora una volta in Italia è stata premiata la coreografia del piatto, più che il sapore e il livello della materia prima, dell’estemporaneità della preparazione e dell’invenzione nel sapore? Come dite? Non avete capito? Non Vi preoccupate. La pletora di giornalisti e critici gastro-blogger leccaculo che plaudono al successo, che in realtà sancisce la morte della cucina italiana, ne hanno capito meno di Voi”.

Poi, prima di postare la sua recensione su La Stampa, risalente al 2016, scrive: “Rileggetevi le mie righe di tre anni fa (non trenta) e andate a fare la prova di persona. E provate a digerire, se ci riuscirete…”.

Già, perché nella recensione Ferrero parla di cose come “una Caramella croccante di cipolla rossa, foie gras e mango, memorabile per equilibrio ma anche per persistenza di gusto che, ribadito dai grissini, anch’essi alla cipolla, che accolgono i clienti al tavolo, rischia di caratterizzare il palato con una nota greve, difficile da allontanare” o di “un gambero intero con schiena pulita e cruda ma zampe fritte e croccanti” che sembra “un boccone da necrofagi” con “l’intestino rosso dimenticato nella coda”. O ancora, di un sevizio più che traballante, di una sala molto rumorosa, delle bottiglie di vino rimosse dal tavolo prima del caffè, quando erano “ancora piene per metà”.

Insomma, un vero disastro. Checché ne dicano gli ispettori Michelin e i critici gastro-blogger leccaculo.