UK: gli allevatori inglesi dovranno costruirsi (e pagarsi) i posti di controllo nell’UE

Pessime notizie per gli allevatori dell'UK: dovranno costruirsi e pagarsi i posti di controllo del bestiame nell'UE.

UK: gli allevatori inglesi dovranno costruirsi (e pagarsi) i posti di controllo nell’UE

Proseguono inesorabili le conseguenza della Brexit: in UK gli allevatori e gli agricoltori dovranno costruire e pagarsi da sé i posti di controllo del bestiame all’interno dei confini dell’UE.

Gli allevatori britannici che esportano bestiame nel continente stanno cercando di costruire delle strutture per i controlli burocratici e ufficiali del bestiame esportato da parte di veterinari in Francia. Solo che queste strutture costano milioni di sterline e gli allevatori potrebbero finire col doversele pagare da soli.

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Attualmente gli allevatori della Gran Bretagna non sono in grado di esportare bovini, ovini e suini nell’UE in quanto nessuno, post Brexit, ha pensato di costruire delle strutture apposite alle frontiere dove i veterinari dei vari paesi dell’UE potessero controllare gli animali prima del loro ingresso nei paesi comunitari.

La Francia è il primo paese interessato a questi controlli, ma finora nessuna azienda privata francese si è resa disponibile per investire i milioni di euro necessari per costruire tali strutture (in realtà una ci sarebbe stata, la Qualivia, ma ha chiesto garanzie per potrà recuperare il costo della costruzione di un posto di controllo similare alla frontiera a Calais).

Il che ha finito con il bloccare le esportazioni britanniche verso l’Europa dopo la Brexit. Ricordiamo che, con la sua uscita dall’Unione Europea, il Regno Unito è diventato di fatto un paese terzo, con l’aggravio che merci e bestiame devono ora sottostare a maggiori controlli prima di poter entrare nell’UE.

Così la National Farmers’ Union (NFU) ha deciso di chiedere agli allevatori se per caso non volessero finanziarsi le strutture da soli (già vedo la fila!). Intanto alcuni allevatori hanno spiegato di avere solo pochi mesi di tempo prima di chiudere le esportazioni, mentre altri hanno deciso di trasferire le loro attività direttamente nell’UE.