Vino, Consorzio Chianti: perso il ricorso contro Seve Serigrafia per il marchio col gallo

Parlando di vino, pare che il Consorzio Chianti abbia perso il ricorso contro l'azienda Seve Serigrafia per l'uso del marchio col gallo.

Vino, Consorzio Chianti: perso il ricorso contro Seve Serigrafia per il marchio col gallo

Torniamo nel settore del vino, ma questa volta per una vicenda legale. Il Consorzio Chianti Classico, infatti ha appena perso il ricorso contro Seve Serigrafia per l’utilizzo del logo col gallo. È stata la Divisione Affari Giuridici dell’Ufficio Italiano Brevetti a respingere il ricorso presentato dal Consorzio. Ma cosa è accaduto esattamente?

Tutto inizia nel 2017. L’azienda Seve Serigrafia, con sede a Faenza, aveva utilizzato un logo col gallo per le proprie t-shirt “Furia Romagnola”: in questo caso il gatto era a colori e teneva in una zampa la caveja, uno strumento agricolo tipico della Romagna. Il tutto con lo sfondo di una bandiera gialla e rossa.

Il problema, secondo il Consorzio Chianti almeno, era che il logo col gallo potevano usarlo solamente loro. Infatti il Consorzio, con sede in provincia di Siena, notoriamente promuove le sue etichette grazie al simbolo del “Gallo Nero”. Il Consorzio vanta un fatturato di 265 milioni l’anno: di questi, 2 milioni sono investiti solamente per la promozione delle etichette che sono state certificate Gallo Nero.

Ecco dunque che il Consorzio Chianti aveva fatto partire la disputa per tutelare il proprio marchio, anche se, il loro era un Gallo Nero, mentre quello della Seve Serigrafia era un gallo a colori corredato di caveja.

Il Consorzio Chianti si era affidato allo studio Mannucci di Firenze, specializzato nel settore della tutela di marchi e brevetti. Seve Serigrafia, invece, erano tutelati dall’avvocato Nicola Montefiori. La difesa di questi ultimi verteva sul fatto che non c’era stato nessun plagio, ma solo la volontà di valorizzare le radici romagnole dei loro prodotti.

Si tratta di galli diversi, non solo per i colori, ma anche per cultura e storia. Quello toscano ricordava le lotte medievali fra Guelfi e Ghibellini, mentre quello romagnolo ricordava gli etruschi e la cultura agricola. Inoltre c’era anche la questione della differenza dei prodotti venduti: da una parte, infatti, abbiamo vino e olio, mentre dall’altra abbiamo il vestiario. Praticamente impossibile, dunque, per i consumatori confondersi.

E, a quanto pare, l’Ufficio Italiano Brevetti ha dato ragione all’azienda di Faenza: ricorso respinto, dunque, per il Consorzio Chianti.

Diverso il caso, invece, di altri vini che vorrebbero utilizzare il marchio del gallo: qui il Tribunale UE si era espresso a favore del Consorzio Chianti, stabilendo che il gallo non poteva stare su altri vini.

Breve precisazione: questa vicenda riguarda il Consorzio Chianti Classico e non il Consorzio Vino Chianti con sede a Firenze. Si tratta di due entità diverse.