Vino, enoturismo e cibo sono i pilastri del futuro

Un gruppo di lavoro formato da alcuni dei profili più importanti del mondo del vino italiano ha discusso il futuro del settore.

Vino, enoturismo e cibo sono i pilastri del futuro

Alcuni tra i profili più illustri del mondo del vino, imprenditori e manager di svariate delle principali cantine italiane, si sono recentemente uniti in un gruppo di lavoro con consulenti e giuristi per analizzare il settore, evidenziandone limitazioni e potenzialità con l’obiettivo di tracciarne il futuro; individuando infine l’enoturismo e l’abbinamento con il cibo come pilastri dello sviluppo.

vino

Occorre specificare fin da subito che Vision2030 – questo il nome del consesso e del dossier che è stato redatto – non vuole essere una semplice richiesta alla istituzioni, ma uno strumento per fissare le priorità del vino italiano dando ascolto alle voci dei professionisti del settore. I punti di partenza sono l’identità e il posizionamento o, come ha spiegato uno dei promotori del gruppo di lavoro (e ceo di Bertani Domains) Ettore Nicoletto, “cosa vuole essere il vino italiano” e “come vuole proporsi ai mercati”. E, come dicevamo le, vie verso cui queste domande sono state declinate sono l’abbinamento al cibo, individuato come “miglior valorizzatore possibile dell’esperienza gastronomica” grazie all’innata possibilità di proporre le proprie diversità, e l’enoturismo, chiamato a compiere un salto di qualità verso una digitalizzazione che permetta di profilare i winelover in base alle proprie preferenze, caratteristiche ed esigenze.

E discutendo di futuro non si può, inoltre, esimersi dal parlare di quale varietà meriti più sperimentazione e investimenti: il Vermentino, in particolare, è stato individuato come vitigno che potrebbe ampliare la propria zona “di residenza” anche al di là dell’area tirrenica. Si è parlato, infine, anche di formazione: “Bisogna investire in strumenti flessibili per i giovani”, ha commentato il coordinatore del tavolo e amministratore delegato del gruppo Terra Moretti, Massimo Tuzzi. “Ma non solo. Occorre formare anche i quadri che spesso mostrano un deficit di managerialità fino ad arrivare al tema al tema della ‘formazione della proprietà’. Anche chi controlla la cantina deve aprirsi a forme di governance che favoriscano l’arrivo dall’esterno di soggetti portatori di competenze e visioni diverse. Laddove è successo si è tramutato in un elemento di crescita per l’intera azienda”.