Vino: l’export segna un nuovo record di fatturato (7,87 miliardi), ma qualcosa non torna

Il vino italiano ha messo a segno un nuovo record di fatturato nell'export, ma non è tutto oro quel che luccica.

Vino: l’export segna un nuovo record di fatturato (7,87 miliardi), ma qualcosa non torna

Il lato oscuro del numero: la cifra in sé non cambia, ma se calata in un contesto ecco che la sua interpretazione può mutare. Al tramonto del Vinitaly 2023 si parla ancora di vino, e in particolare della performance del canale in esportazione del nostro caro e vecchio Stivale che ha fatto registrare un nuovo record di fatturato – 7,87 miliardi di euro, a essere precisi, frutto di una crescita del 9,8%. C’è sempre un “ma”, però: una sillaba guastafeste che ci porta ad avvicinarci ai dati e notare che sotto una manata di vernice dorata sono state nascoste crepe più o meno evidenti. Eh sì, perché se come accennato sul fronte dei valori l’Italia continua a inanellare un risultato positivo dietro l’altro, sul piano delle quantità la musica cambia.

Record e scricchiolii nel mondo del vino italiano

prosecco

Valori contro volumi, in altre parole. Nel corso dell’anno passato le esportazioni di vino italiano sono di fatto calate dello 0,4%, assestandosi sui 22 milioni di ettolitri; mantenendosi di fatto pesantemente allineate con il dato dell’ormai lontano 2013 (20 milioni di ettolitri complessivi). Insomma, dati alla mano c’è una forbice sempre più notevole tra i valori, in forte – e talvolta fortissima – crescita e le quantità, che invece ristagnano e, nel peggiore dei casi, addirittura calano.

Alessandra Mussolini si attacca alla bottiglia in difesa del vino italiano Alessandra Mussolini si attacca alla bottiglia in difesa del vino italiano

I nostri lettori più attenti avranno già cominciato ad abbozzare qualche pensiero all‘inflazione in crescita che ha radicalmente impattato l’intera durata del 2022, andando naturalmente a influenzare anche le performance del mondo del vino. Depurando i numeri dalle tensioni inflattive, infatti, ecco che la crescita messa a segno nel corso dell’anno passato diventa decisamente meno esaltante.

L’inflazione del cibo nel mondo L’inflazione del cibo nel mondo

Una sensazione di calma piatta che si riflette anche negli sbocchi effettivi del mercato: pensiamo al podio dei cinque migliori amici del vino italiano – Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Canada e Svizzera -, caratterizzato da un immobilismo che si protrae ormai da decenni (con la giusta eccezione del Canada). E l’Oriente, sovente presentato sotto la luce della terra delle promesse? Beh, promesse erano e promesse rimangono, a quanto pare: il potenziale del mercato cinese è ancora largamente incompiuto, mentre il Giappone si mantiene su ritmi altalenanti.

E sia ben chiaro – non stiamo certo facendo i guastafeste. Gli scricchiolii del vino italiano sono stati percepiti anche da Federvini: “Non possiamo fermarci solo al dato apparente” ha commentato Micaela Pallini, presidente dell’associazione. “L’Italia soffre per la spinta inflattiva e per lo scenario geopolitico con il relativo aumento dei costi, fattori che hanno generato un clima di incertezza che pesa sulle imprese. Il settore registra buone performance nei mercati tradizionali, ma la marginalità è messa a dura prova ed i nostri vini continuano a scontare un posizionamento di prezzo all’export più basso, soprattutto rispetto alle etichette francesi”.

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Interessanti, infine, le dichiarazioni di Paolo Castelletti, segretario generale dell’Unione italiana vini; che ha descritto “da una parte un comparto premium che cresce, dall’altra un’offerta basic costretta a dibattersi tra surplus di costi e competitor sempre più aggressivi”. Un’asimmetria che trova piena risonanza anche nei consumatori: da una parte coloro praticamente immuni al caro vita, dall’altro una sempre più grande della popolazione che si è trovata a dover ridurre considerevolmente vizi e consumi.