Una sentenza definitiva della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo nella tutela del Made in Italy, stabilendo una volta di più che i prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP) sono tali solo le tutte le fasi del processo produttivo si svolgono in una determinata area geografica, da cui dipendono le principali caratteristiche qualitative, e qualsiasi etichetta allusiva configura il reato di frode.
Il Consorzio del Prosciutto di Parma ha quindi di che festeggiare per una vittoria storica, a conclusione di una battaglia legale che si protrae dal 2017, avendo avuto ragione in una vicenda legata a un prodotto commercializzato come “tipo Parma” al di là dei nostri confini.
La storia del “Jambon tipo Parma”
La vicenda ha origine quando un salumificio abruzzese ha commercializzato in Germania, Repubblica Ceca e Lussemburgo delle confezioni di prosciutto crudo generico etichettate con la dicitura “Jambon tipo Parma“: il Consorzio si è costituito parte civile e, dopo le condanne in primo e secondo grado per frode in commercio aggravata, la Cassazione ha confermato l’illegittimità di tale pratica.
La Corte ha ribadito un principio cruciale: evocare indebitamente un marchio tutelato è un inganno che danneggia i produttori e confonde il consumatore, anche quando quest’ultimo è consapevole di acquistare un prodotto generico e non certificato.
Alessandro Utini, Presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma, ha commentato con soddisfazione l’esito della vicenda, sottolineando l’impegno costante nella difesa della DOP: “accogliamo con grande soddisfazione l’esito positivo di questa vicenda giudiziaria, che consolida la tutela dei diritti riconosciuti di cui la nostra DOP beneficia”.
La vittoria non lascia spazio a interpretazioni: “in particolar modo -prosegue Utini- è assai significativo che presso i tre gradi di giudizio sia stato ribadito il fatto che la frode sussiste ogniqualvolta si evochi indebitamente la denominazione tutelata, anche nel caso in cui il cliente sia consapevole di acquistare un prodotto generico, non certificato, che non ha nulla a che vedere con la qualità e distintività del Prosciutto di Parma”
Per il presidente non ci sono dubbi, anche una chiara allusione è lesiva del prodotto originale: “sul piano della tutela legale e intellettuale, la nostra DOP esce notevolmente rafforzata dalla sentenza ottenuta in Cassazione: un’etichetta che riporti la dicitura “tipo Parma”, benché si tratti di un’allusione e non della denominazione integrale, confonde l’aspettativa del consumatore e al tempo stesso rischia di compromettere l’immagine del prodotto tutelato e il lavoro che i nostri produttori conducono quotidianamente, con passione e grande impegno, per realizzare un‘eccellenza apprezzata in tutto il mondo”.
Anche il Direttore del Consorzio, Stefano Fanti, ha evidenziato la portata della sentenza, che va oltre il singolo caso: “la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione rappresenta un risultato importante a supporto del Prosciutto di Parma e, in generale, delle Indicazioni Geografiche del nostro Paese, che, in virtù del prestigio e del riconoscimento di cui godono, sono talvolta oggetto di attività speculative di sfruttamento dell’immagine. Risultati come questo qualificano in modo ancor più significativo l’operazione di salvaguardia condotta dal Consorzio, in costante collaborazione e sinergia con Origin Italia e con le competenti Autorità nazionali”.