Cose che non sapevate di Rene Redzepi nel caso qualcuno vi porti presto al Noma

Cose che non sapevate di Rene Redzepi nel caso qualcuno vi porti presto al Noma

“Alla prima occasione andiamo al Noma”. Se siete tra coloro che aspirano a mangiare presto nel ristorante  di Copenhagen eletto per la terza volta consecutiva il miglior del mondo dalla giuria del “San Pellegrino World’s 50 Best Restaurants Award”, arrivateci preparati. Memorizzate le cose che non sapevate di Rene Redzepi, il cuoco trentaquattrenne considerato dagli esperti l’erede di Ferran Adrià, contenute nell’intervista di oggi su La Stampa.

1) Per quell’idea di una cucina che esalta i prodotti nordici gli altri ristoratori di Copenhagen lo prendevano in giro, chiamavano il Noma “Al Capodoglio ingrifato”. Redzepi la prende con filosofia: “Schopenhauer diceva che prima ridono di te, poi ognuno va contro di te e infine tutti dicono che era ovvio”.

2) Il miglior chef del mondo fa ancora il cameriere e serve ai tavoli. Pensa sia un gesto di umiltà, mentre farsi vedere alla fine del pasto è uno sfoggio di presunzione. Quel mestiere gli piace talmente che una sua cameriera l’ha sposata: è Nadine, sua moglie appunto.

3) Per anni si è camuffato da aiuto cuoco tornando sguattero di cucina nei ristoranti asiatici. Ora sta diventando più complicato, lo riconoscono, l’ultima volta l’ha fatto per tre settimane in un ristorante di Kyoto, voleva sperimentare cucine diverse da quella nordica.

4) Capitolo tempo libero. Ne ha poco, quando può si rifugia nella comune “Libera città di Christiania” per fare un bagno di vapore nella sauna, esce con la barca, pesca, raccogliere aglio selvatico tra le tombe del Cimitero Assistens Kirkegard.

5) Non vuole essere preso in giro per l’idea di far mangiare formiche vive presentata all’ultimo Mad Food Symposium di Copenhagen, l’altra settimana. “Le abbiamo fatte assaggiare ai migliori chef del mondo e tutti sono rimasti entusiasti, con lo yogurt sono molto gustose. C’era lo stesso pregiudizio nei confronti dei licheni. Bisogna provare prima di giudicare”.
[La Stampa]