Bisogna pur avere qualche principio etico. Il mio è: non mangiare le uova del Sig. Bruzzese

E insomma, sulle uova stiamo passando dal modello “se ne vendono 4 tipi?, uh non lo sapevo ma francamente ho altro cui pensare” allo stile di vita “sapere aumenta il livello di felicità”. Al netto del buonismo, oggi sappiamo che le uova hanno stampigliata sul guscio una carta d’identità a seconda di come vengono allevate le galline. Guardate l’immagine lì sopra, il codice più importante è il primo, cioè quello sul tipo di allevamento. Ora invece guardate l’immagine qui sotto.

Siccome il linguaggio delle etichette, a volte, sembra fatto apposta per non spiegare, vi sarà più chiaro cosa s’intende per allevamento a terra. Non per forza zolle, terra, prati ma anche capannoni con luci sempre accese e una densità di 7/9 galline a metro quadro.

Ah ma oggi non più, pensavo io, lo impone una direttiva CE, la 99/74. Dal 1° gennaio 2012 le galline non devono stare in gabbie “a batteria”, altrimenti sono fuorilegge. Devono stare a terra, all’aperto oppure in pollai più grandi, accompagnati da nido, lettiera, posatoio e zona graffi dove accorciare le unghie.

Ma l’associazione Nemesi Animale ha scoperto che così non è. Mica in Francia, o chessò io, nello Iowa, tanto per fare un esempio. No, a Valle Olona (Varese), nei capannoni della società agricola “Bruzzese”, una delle più grandi in Lombardia. Nel video, poi ripreso da Striscia la Notizia, c’è ogni sorta di infrazione: galline stressate, ammalate, ferite. Molte sono morte.

Giro al largo dal cliché del gastrofighetto, anche da quello del grande moralizzatore, ma amo mangiare bene. Perciò se posso scegliere, e con la carta d’identità delle uova posso, scelgo di non mangiare le uova del signor Bruzzese. Malgrado la difesa. Sbaglio?

[Crediti | Link: Corriere.it, L’Informazione]