Crisi di Natale: la Norvegia ha finito burro

Dove sbagliamo noi italiani? Tutti a leggere Fabio Volo (peraltro nella metro, dimenticando che con gli sconosciuti la prima impressione è quella che conta). Tutti con l’acquolina in bocca per la rimozione di Minzolini dal Tg1 (ben sapendo che il Minzolinismo resterà nel nostro inconscio). E nessuno che si cruccia per una vera crisi internazionale: la Norvegia ha finito il burro.

Ebbene sì, la Norvegia, cioè il primo produttore di petrolio in Europa, adesso ha bisogno d’aiuto. E cosa facciamo noi italiani? Cooperiamo o stiamo a guardare?

La crisi del burro che potrebbe rovinare il pranzo di Natale a milioni di norvegesi è causata dai dazi troppo alti e da una nuova dieta ricca di grassi, la cosidetta ‘Lavkarbo’, popolarissima nel Paese. Risultato: le scorte sono finite e ora il burro si deve importare dall’estero.

Molti cittadini arrivano fino in Svezia per fare shopping, mentre chi cerca fortuna su Internet paga un chilo di burro anche 60 euro. Un cittadino russo è stato fermato alla frontiera: cercava di importarne illegalmente 90 Kg.

Nel frattempo la Danimarca si fa beffe dei vicini norvegesi, il seguitissimo show mattutino ‘Go’ Morgen Danmark’ ha offerto mille panetti di burro per alleviare la crisi.

Che fare, ordunque?

1) Mettersi una mano sulla coscienza e cedere alle strazianti richieste d’aiuto che parlano apertamente di tragedia nazionale? “Aiutateci, abbiamo bisogno di burro, siamo norvegesi”, “Salvateci da una vita da vegani! Donate burro”, “I nostri dolcetti natalizi non sono dolcetti senza burro”.

2) Spiegare vanamente a chi è cresciuto a pane burro e… burro, i danni prodotti dal colesterolo fuori controllo?

3) Rimproverare ai norvegesi il rifiuto di entrare nell’Unione Europea tenendoci così il burro necessario ai biscotti, le creme e il panettone di Natale?

4) Burro in cambio di petrolio?

5) Il popolo non ha il burro, diamogli la margarina?

[Crediti | Link: Messaggero, Norway Butter Crisis, immagine: AP]