Ultima cena: quella sera cucino io o vado al ristorante?

Prima il quotidiano spagnolo El Pais, che nel 2008 aveva chiesto a un pugno di aristochef planetari cos’avrebbero mangiato nella loro ultima cena, con chi, bevendo e ascoltando cosa. Ora Velvet, il periodico di Repubblica, che interpretando l’ormai barbosa profezia dei Maya sulla fine del mondo, riprende l’argomento. Trionfano i vini francesi: Chateneuf du Pape, Cotes du Rhone e Batard- Monrachet. L’irrascibile chef gallese e nostro eroe Gordon Ramsay cucinerebbe insieme a sua moglie un roast beef con Yorkshire pudding, stessa scelta — a parte la moglie di Ramsay — per Heston Blumenthal, altro chef britannico tra i più famosi del mondo.

Ma leggendo il lungo elenco di “mi si nota di più” sono distratto, penso ad altro. Traduco diversamente la profezia Maya e alla fine mi chiedo: quella sera cucino io o vado ristorante?

E mi vedo lì, seduto in un’atmosfera artificiale di cordialità dove ho comprato tempo, spazio e cibo. Proprio convinto di lasciare così la scena? Illudendomi che il calore con cui sono stato accolto e nutrito sia un effetto del mio irresistibile charme?

No.

E questo è il motivo per cui riuscerei a sopravvivere se tutti i ristoranti del mondo chiudessero ma non sopporterei, per nessuna ragione, di non poter cucinare. Se l’ultima sera dovessi proprio scegliere tra queste due cose assurde.

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