Vongole: 8 errori da non fare

Tutti gli errori da non fare nel cucinare le vongole: dallo sceglierle al cucinarle per bene, le trappole da evitare quando si preparano gli amati molluschi.

Vongole: 8 errori da non fare

Scegliere le vongole non è semplice. Pochi sanno riconoscere cosa stanno comprando, pochissimi se le vongole che stanno comprando sono fresche e di qualità.

Laddove non si sa, vige la regola del “fidarsi è meglio”. Date retta agli uomini o donne della pescheria, ammiccate se necessario, per ottenere le vongole migliori. Giocate il tutto per tutto, cercate di capire chi avete davanti e sferrate il colpo. Vorrete mica trovarvi con i lupini al posto delle vongole?

Ma soprattutto, fidatevi di questo vademecum al mollusco bivalvo, che vogliate fare il classico dei classici, lo spaghetto alle vongole, un antipasto o una zuppa; le regole per sceglierle, trattarle e cuocerle sono sempre le stesse. O meglio, i consigli e i trucchi per evitare i soliti pasticci.

Ecco dunque i 7 errori da non fare per cucinare le vongole, le trappole in cui è bene non cadere per gustare le migliori, dal primo passo – cioè l’acquisto – fino al sauté.

1. Sorvolare sulla confezione

vongole

Ora, davvero, non so se sui banchi del mercato si possano trovare così, a manciate, o se qualche pescivendolo compiacente vi rompa la retina per darvene solo metà, ma non si fa: la confezione delle vongole deve essere integra e riportare varietà, metodo di produzione, tracciabilità del prodotto, data di confezionamento.

Non è un vezzo, è una legge.

Dite la verità: volete aggirarla considerando che si tratta di molluschi che filtrano l’acqua?

2. Non gettare quelle aperte o rotte

gusci di vongole e vino

Quando le comprate, le vongole sono vive e, siccome son lontane dal mare, se ne stanno chiuse e ben serrate nei loro gusci: solo quando moriranno dolcemente al calore del fuoco si schiuderanno, svelando il loro polposo contenuto.

Ergo: quelle aperte sono già morte, e sono da gettare.

Così come le vongole rotte: individuatele mentre le lavate sotto un bel getto di acqua fredda corrente e gettatele senza remore.

3. Saltare la fase dell’ammollo…

spurgo delle vongole

Fra le valve le vongole racchiudono sabbia e altre impurità. Lasciarle a bagno 2-3 ore in acqua fredda con una manciata di sale grosso le farà schiudere leggermente e riprenderanno il loro compito principale, filtrando l’acqua pulita ed espellendo lo sporco, che precipiterà sul fondo del recipiente.

Per non riprendervelo tutto, al momento di scolarle non commettete l’errore di versarle nel colapasta, ma sollevatele con le mani.

Vi si ghiaccerà un po’ la punta delle dita (perché, non ve l’avevo detto, ma il riposo va fatto in frigo, seppure nella parte meno fredda), ma vi lascerete dietro granelli indesiderati.

4. Non andare a fondo dell’ammollo

vongole

Soprattutto se sul fondo dell’ammollo vi rendete conto che di sabbia ne hanno lasciata tanta, è sempre meglio farle passare una a una e battere leggermente la parte dell’apertura sul piano.

Se il mollusco all’interno è “andato” le conchiglie saranno piene di sabbia nera (e maleodorante, per di più) e in questo modo potrete accorgervene e gettarle, senza sciupare il vostro sauté.

5. Stracuocerle

spaghetti alle vongole

Ora, vi occorre un tegame bello largo, con il suo coperchio, e una fiamma vivace. A seconda delle ricette con vongole, l’apertura può avvenire al naturale, semplicemente mettendo le vongole nella pentola e attendendo che si aprano rilasciando il loro saporito liquido, oppure potete aggiungere un filo d’olio, gambi di prezzemolo, aglio o qualunque altro aroma vi piaccia (ce ne sono altri? fatemi sapere!), ma mai e poi mai sale.

Naturalmente sapide, durante l’ammollo si sono ulteriormente insaporite. Ricordatevelo anche se il sauté vi servirà per gli spaghetti, la cui acqua deve essere salata con grande parsimonia.

Capitolo a parte è il vino: io non amo metterlo perché l’apertura avviene a tegame coperto e l’alcol non ha modo di evaporare. Caso mai, preferisco aggiungerlo in finale (vedi il punto 7).

E ora veniamo ai tempi di cottura: bastano pochi minuti, diciamo circa 5, ma molto dipende dall’ampiezza del tegame e dal fatto che tutte prendano il calore in modo uniforme (smuovetele spesso).

Soprattutto, quando iniziano a schiudersi levatele immediatamente, anche una per volta se necessario, senza aspettare che siano tutte aperte, altrimenti le prime cuociono troppo e diventano gommose.

6. Forzare la natura

vongole

Infine, arrendetevi al darwinismo del mollusco: le vongole che hanno resistito al fuoco e son rimaste chiuse, hanno qualcosa che non va.

Non fate dell’inutile accanimento culinario. Una vongola chiusa, dopo tutto quel calore, è una vongola da buttare.

7. Lasciare il fondo così com’è

delle belle vongole

Le abbiamo lavate, lasciate spurgare, battute: ma la rena è sempre in agguato. Quindi, dopo averle sgocciolate, il fondo di cottura delle vongole, che sarà ottimo e abbondante, va sempre filtrato versandolo lentamente in un colino a maglie fitte.

Lentamente è importante, per evitare di raccogliere anche l’eventuale sabbia residua.

Io, per sicurezza, fodero il colino con un pezzetto di carta da cucina.

Se dovete conservare le vongole, sgusciate o meno, per qualche tempo (non troppo, ma per esempio mentre bolle l’acqua della pasta), sarà bene versare un po’ di questo liquido a coprirle e proteggerle con un canovaccio o un piatto capovolto, per non farle seccare.

8. Non soffermarsi sul sughetto denso

cottura delle vongole

L’acqua delle vongole è, appunto, acqua. Se volete sughetti densi, dovete farla ridurre.

Io in genere, dopo aver dato una rapida pulita alla pentola, scaldo un filo d’olio nuovo con uno spicchio d’aglio, sfumo con il vino, lo lascio evaporare poi aggiungo il liquido dei molluschi e faccio bollire qualche minuto prima di rimettere in pentola le conchiglie, giusto il tempo che si scaldino, e completarle a fuoco spento con prezzemolo e pepe.

Questo, naturalmente, per il mio sauté, ottimo antipasto da servire in scodelle e accompagnare con crostoni di pane.

Se invece volete fare gli spaghetti, la mia tecnica prevede che, scolati al dente (o anche un paio di minuti di cottura indietro), si facciano saltare nel fondo ristretto, per poi unire solo in finale le bestioline, metà nel guscio e metà no.