Chat qui rit a Venezia, recensione: il fine dining tra laguna e Oriente

Ristorante di fine dining nel centro di Venezia, Chat qui rit merita quel che si spende: la nostra recensione con menu, prezzi, piatti, opinioni.

Chat qui rit a Venezia, recensione: il fine dining tra laguna e Oriente

A misurare la distanza geografica dello Chat qui rit dal centro ideale di Venezia, Piazza San Marco, basterebbe un cronometro: 3 minuti. A calcolarne invece la distanza in termini gastronomici bisognerebbe ricorrere a Parsec e Unità astronomiche.

Se infatti la zona che rappresenta il cuore di Venezia è anche quella a più elevato rischio di standardizzazione, di una proposta dal volto turistico o quantomeno di un appiattimento attorno a piatti che offrono una visione limitata (ma indubbiamente rassicurante per i visitatori) della storia culinaria cittadina, un locale come Chat qui rit fa storia a sé, proponendo un’offerta che ha un respiro diverso, brillante, cosmopolita. La Venezia più classica e da cartolina gli ruota attorno: Bacino Orseolo e le sue gondole coreografiche a riposo, l’ipnotica eleganza della scala Contarini del Bovolo, l’aura della Fenice. Chat qui rit non dimentica luoghi e storia, ma allarga lo sguardo, esce dalla laguna e adotta un linguaggio diverso. E rischia molto: lontano dall’accezione comune di tradizione e tipicità, ne diventa paradossalmente una delle versioni più complesse, gastronomicamente articolate e intellettualmente stimolanti in città.

Il locale

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A guardarlo oggi, dopo un restauro che ne ha trasformato il volto, si fatica a credere che la storia del ristorante risalga al Dopoguerra. Nato come cocktail bar, negli anni ’80 diviene un self service che supera il centinaio di coperti. L’anima da ristorazione “impiegatizia” resiste fino al 2014, anno in cui Giovanni Mozzato, un passato nel rugby prima e nella finanza poi, decide di trasformare il locale di famiglia in uno spazio completamente diverso, per forma e sostanza. A metà tra il fine dining ed un’anima più disinvolta, il restauro fa emergere la mano di arredatori esperti ma non è un esercizio di stile. La volontà è stata quella di far convivere passato e modernità, definendo uno spazio che può essere vissuto contemporaneamente come bistrot, wine bar, ristorante.

I cromatismi giocano sui toni materici, con illuminazione e legno a rafforzarsi elegantemente a vicenda e a creare una dimensione calda, che induce alla sosta lunga. Soffitto a cassettoni bianchi, colonne e muri in pietra d’Istria tipicamente veneziani, boiserie in legno, un bancone; e ancora un tavolone cui fanno da contorno le Skygarden di Flos e sgabelli alti, tavolini bassi accompagnati da poltroncine in pelle di Dialma Brown, tavoli rotondi in marmo che diventano gioielli sotto le luci Sahara di Karman, oggetti di antiquariato, di vetro di Murano e una parete con imponente scaffalatura dedicata ai vini, che anticipa di fatto una delle carte più interessanti e ampie di tutta la città (circa 500 le referenze) letteralmente costruita da Mozzato, sommelier e appassionato studioso. L’impressione è certamente quella di un locale raffinato, ma accessibile. La volontà è certamente quella di distinguersi, ma non è esibita. L’affabilità e la cortesia dello staff, in divisa, dà compimento e chiude la presentazione.

Il menu e i piatti

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Prima ancora che di piatti è d’obbligo parlare degli chef, che sfuggono a qualsiasi tentativo di definizione. A chi cerca di incasellarli nel trito binomio tradizione-innovazione, si pone immediatamente una ulteriore difficoltà, che amplia e sposta lateralmente il discorso e che solo apparentemente oppone cucina lagunare rivisitata e cucina fusion. Davide Scarpa e Leonardo Bozzato costituiscono di fatto una aporia gastronomica: una convivenza apparentemente irrealizzabile sulla carta – complici una formazione molto diversa (il primo con alle spalle un percorso classico, il secondo no) e una differenza d’età che altrove magari finirebbero con l’abbandono di uno dei due – ma perfettamente funzionante in questa cucina.

Da una parte c’è una solida cultura classica, dall’altra un talento da fuoriclasse supportato da tecnica e studio costanti, e da una mano che guarda ad Oriente, senza sbavature né scimmiottamenti ma avendo perfettamente compreso dove ci si trova e offrendo di fatto un nuovo sguardo su e di Venezia e la laguna.

I piatti seguono un percorso preciso, che certamente tiene conto del territorio, ma che lo piega e lo trasforma secondo esigenze e gusti: c’è la città, c’è la regione e le regioni, ma c’è soprattutto l’ispirazione del Giappone che modula gusti e consistenze.
La carta accosta pesce e carne, con la possibilità di scegliere liberamente o a degustazione (110 euro). Gli antipasti (27-35 euro) affiancano proposte più rassicuranti (pane burro e alici), morbide (uovo pochè) o preziose (caviale), ad altre decisamente più creative (tagliatelle di seppie). I primi (32-40 euro) reinterpretano classici lagunari, regionali o accostamenti terra mare, mentre i secondi (40-46 euro) spingono con più decisione su contaminazioni e suggestioni orientali trasformando il volto del pescato tradizionale locale. La scelta cade sul menu degustazione, occasione per testare la mano della cucina.

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Il benvenuto della cucina si moltiplica in vere e proprie miniature accurate, che annunciano l’identità perseguita dal percorso: tra tutti, gli spaghetti di calamaro rafforzati dall’accostamento con la vongola spingono sulle note marine, rese ancor più accese da una rilettura della classica sarda in saor, decisamente più dinamica e golosamente sapida rispetto alla versione originaria. E’ tuttavia con i primi due piatti – le tagliatelle di seppia con maionese del nero, gel di ibiscus ed erbe di laguna, seguiti da ricciola affumicata con canoce crude, brodo dashi, edamame e salsa ponzu che il percorso parte in assoluta accelerazione, spingendo su tecnica (assai ben padroneggiata, la seppia resa a tagliatella lo dimostra), contrasti di consistenze, cromatismi (la seppia si sdoppia in un bianco-nero optical), temperature che si rafforzano reciprocamente, umami e dolce (brodo e ricciola fanno storia a sé), non dimenticando la laguna, nella sua versione poco nota delle erbe, qui fondamentali.

Lo spaghettone in salsa di sarde con volpina affumicata fa recuperare il fiato, e porta il carattere seduttivo dei più noti bigoli ad un livello superiore, raggiungendo un tono vellutato complessivo, accentuato dall’affumicato della volpina, rinfrescato dalle note agrumate: inatteso, il panko è tuttavia dietro l’angolo, a dare la sferzata finale. La pluma con salsa Teriaky, quasi laccata, al palato trova nel radicchio di Treviso ma soprattutto nelle senapi (in salsa, in grani, ma più decisamente nella versione vegetale, con le erbe a dare piccantezza) un guizzo vivace mentre torna su toni più morbidi la piovra scottata con paprika, nobilitata e ingolosita dalla royale di foie gras e accompagnata da puntarelle e cardonelli fritti. Siamo sulle montagne russe, ma il manovratore sa quel che fa e non è mai avventato né, soprattutto, propone accostamenti volti a stupire: ogni ingrediente ha un significato nell’economia del piatto.

Gli amanti dei dolci nel loro tono e sapore più rassicurante (chi scrive) di fronte alla “passeggiata nei boschi della laguna” potrebbero nutrire qualche pregiudizio, ma la freschezza del sorbetto e le note burrose del biscotto riescono a trasformare, al palato, i piccoli ciuffi di crema di porcini in un più placido mou. Il predessert e la piccola pasticceria, giocosa come da copione, chiudono il sipario. Partiti da Venezia, si è andati altrove.

Scontrino chat qui rit

Opinione

ristoranti

In una zona tradizionalmente appiattita verso un’offerta turistica, Chat qui rit rappresenta un’eccezione ed una sfida proponendo una cucina che pur partendo dalla laguna guarda decisamente ad Oriente. Una cucina a quattro mani in cui formazione classica e creatività non solo riescono a dialogare ma si pungolano a vicenda.

PRO

  • Servizio attento e preciso con accurata spiegazione dei piatti
  • Pane e grissini fatti in casa

CONTRO

  • L'assenza di tovaglia al tavolo penalizza i piatti. Una stoffa bianca contribuirebbe a valorizzarne carattere e identità.
VOTO DISSAPORE: 8.5 / 10
Voto utenti
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Chat Qui Rit | Ristorante Venezia Gourmet, Calle Tron, 1131, 30124 Venezia, VE, Italia