Come stanno andando i ristoranti “salvati” da Cannavacciuolo in Cucine da Incubo

Le pacche sulle spalle di Antonino Cannavacciuolo sono una benedizione o portano male? Abbiamo controllato che fine hanno fatto i ristoranti che hanno partecipato a "Cucine da Incubo".

Come stanno andando i ristoranti “salvati” da Cannavacciuolo in Cucine da Incubo

L’edizione italiana di Cucine da Incubo ha ormai superato la boa del decennale, quella del 2025 è infatti l’undicesima stagione, e questa longevità, insieme alle infinite maratone di repliche ne hanno fatto ormai una presenza familiare nei palinsesti televisivi.

Adattamento italiano di “Kitchen Nightmares ” di Gordon Ramsay, la trasmissione ha permesso la trasformazione di Antonino Cannavacciuolo da cuoco di vaglia, la cui classe era ampiamente riconosciuta all’interno dei circuiti gourmet, a vero fenomeno popolare, e bisogna riconoscere agli autori la capacità di vedere nello chef di Villa Crespi, nelle prime stagioni ancora un po’ impacciato e con una dizione non proprio da speaker radiofonico, il vero erede all’italiana dell’irascibile cuoco scozzese.

Cannavacciuolo da parte sua ha avuto anche il merito di non lasciare che il successo televisivo, indubbio, influisse sulla sua credibilità gastronomica, anzi: dopo essere salito all’empireo della cucina vedendosi attribuire la terza stella Michelin a Villa Crespi, il Gruppo Cannavacciuolo è arrivato a collezionarne ben otto, e ormai la provenienza dalla sua scuderia sembra essere un ottimo viatico per il macaron gommato, si vedano anche gli esempi di Vincenzo Manicone, stellato al Tancredi sul lago di Garda e Emin Haziri, fresco di riconoscimento per il suo Procaccini a Milano.

Verrebbe automatico pensare che questo tocco magico si possa trasferire anche ai ristoranti in crisi di cui corre in soccorso con Cucine da Incubo, ma forse una lezione di cucina di qualche minuto e una rimaneggiata notturna dei locali non sono proprio abbastanza per risollevare le sorti di un’attività, nemmeno se a somministrarle è il super-cuoco campano. Cerchiamo quindi di capire attraverso i numeri quali sono state le alterne fortune dei ristoranti di Cucine da Incubo.

Cucine da Incubo salva i ristoranti? Dipende

Le prime cinque stagioni del programma, tutte composte da dieci puntate per altrettante insegne in cerca di aiuto, non hanno portato benissimo: nella prima si registrano sei chiusure e due cambi di gestione, con il record negativo di otto chiusure definitive nella seconda stagione. A chiudere i battenti anche uno dei preferiti dai cultori della serie, il mitologico “Golfo di Mondello e Sferracavallo”, in cui un Cannavacciuolo con qualche spigolo ancora da smussare si esibì in un “e dic’ sine ‘nda fess’e soreta” la cui traduzione lasciamo ai lettori e che ha fatto la storia del meme nostrano.

La quarta e la quinta stagione se la cavano poco meglio con cinque chiusure e un cambio di gestione e sette serrande definitivamente abbassate rispettivamente, facendo registrare un impietoso 72% di attività che non sono state salvate dal tocco magico di Antonino.

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Tra le chiusure ci tocca purtroppo segnalare “Ca’ Moro Social Bateau”, progetto di reinserimento sociale di ragazzi affetti da sindrome di Down che ci ha regalato un Cannavacciuolo che ha spesso tradito una sincera commozione, ma che si è rivelato particolarmente sfortunato: il peschereccio che ospitava il locale, ormeggiato nella Darsena Vecchia di Livorno, è purtroppo letteralmente affondato e, nonostante la molta solidarietà cittadina le attività non sono ancora riprese in altra sede.

E a proposito di momenti che hanno commosso Cannavacciuolo, non possiamo non citare tra le attività ancora operative il “Pupirichiello”, ristorante di Milano teatro di una struggente vicenda di incomprensioni generazionali.

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Va decisamente meglio per le ultime sei stagioni in cui, con soli nove ristoranti su 38 che hanno chiuso o cambiato gestione, la percentuale di salvataggi di Antonino e il suo staff sale a un ben più sorridente 76%. I più maligni -non noi, ovviamente- diranno che è semplicemente troppo presto, l’ultima serie è andata in onda appena qualche mese fa e l’ultima puntata è di maggio, ma non vogliamo essere iettatori, e per ora dei 14 ristoranti sui cui si è intervenuti nelle stagioni 10 e 11 ne ha chiuso solo uno, ed è un bel risultato.

Tra le chiusure eccellenti delle ultime sei stagioni ci tocca registrare “Er Barone”, altro episodio d’antologia che ha strappato più di una lacrima, con la memorabile performance di Antonio Ciotola, chef non vedente che con la sua determinazione ha superato le difficoltà e impartito al ristoratore romano lezioni che andavano ben al di là dell’organizzazione in cucina, comunque necessarie.

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Guardando al totale, con un 50% delle attività che hanno chiuso o hanno cambiato gestione il nostro Antonino nazionale può comunque dire di avere fatto meglio dello stesso Gordon Ramsay, che ha salvato solo il 30% dei ristoranti che hanno partecipato al “Kitchen Nightmares” primigenio. Sarà perché gli autori, soprattutto nelle stagioni più avanti, si sono concentrati più a reperire casi umani che storie interessanti di ristorazione e redenzione, ma tant’è, Cannavacciuolo batte Gordon.