Consegne a domicilio e pub: i chiarimenti sul decreto Coronavirus dal Governo

Dalle consegne a domicilio alla controversa questione dei pub chiusi, i chiarimenti del Governo sul decreto Coronavirus del 9 marzo riguardo ristoranti, bar e locali.

Consegne a domicilio e pub: i chiarimenti sul decreto Coronavirus dal Governo

I ristoranti italiani possono rimanere aperti dalle 6 alle 18, come abbiamo appreso dal “decreto Coronavirus” del 9 marzo o, come preferisce chiamarlo Giuseppe Conte,  il “decreto #IoRestoaCasa”. “Quindi, dalle 18 in poi, posso effettuare consegnare a domicilio?”,”Le merci continueranno ad arrivare dai miei fornitori?”, “Questi benedetti pub devono chiudere oppure no, dal momento che non ci è dato sapere cosa il Governo intenda per pub?”, si sono domandati ristoratori e imprenditori della gastronomia, fin dai drammatici minuti del discorso del Presidente del Consiglio, ieri sera, a fronte di un provvedimento radicale.

Per rispondere a domande di questo genere, il Governo ha pubblicato una nota sul proprio sito web, chiarendo alcuni punti. Riportiamo i responsi alle FAQ che riguardano, direttamente o indirettamente, il mondo della ristorazione.

Consegne a domicilio dopo le 18

decreto coronavirus 9 marzo 2020
La consegna a domicilio di cibi e bevande si può effettuare, a patto che ci si curi di evitare contatti personali tra il rider e il cliente al momento della consegna. Dopotutto il limite orario dalle 6 alle 18 è riferito “solo all’apertura al pubblico”.

I pub non dovevano chiudere

decreto coronavirus 9 marzo 2020

Si chiarisce, per così dire, il tremendo controsenso dei “pub” chiusi in tutta Italia fino al 3 aprile dal Dcpm 8 marzo 2020, che non teneva minimamente conto dell’assenza di una definizione formale di pub.

Ci spieghiamo meglio: se il nostro concetto comune di pub è chiaro (un luogo in cui si beve fondamentalmente birra, le spine attaccate, che siano esse quelle di Guinness dell’irish pub tappezzato di legno massiccio o delle birrerie artigianali con birrificio annesso), lo stesso non vale per lo Stato. Stando alla Legge n. 287 del 25 agosto 1991 attualmente in vigore, infatti, non esiste una tipologia di esercizio classificata come “pub”. Essi, secondo il codice Ateco, sono aperti come “bar” o “ristoranti”.

Dunque il “decreto Coronavirus” dell’8 marzo ha provocato una gran confusione, con effetti contrapposti: da una parte, il provvedimento ha colpito indistintamente un settore, quello delle birrerie, dei beer-shop con birra alla mescita, dei risto-pub, dall’altra, ha scatenato all’interno dello stesso una potenziale anarchia. Chiunque avrebbe potuto tenere aperto, secondo coscienza, “sentendosi” all’occorrenza bar o ristorante, magari fingendo di ignorare la natura aggregativa del proprio locale. In realtà, in molti casi ciò non è avvenuto: molti gestori di locali hanno agito in maniera responsabile, rispettando la distanza di sicurezza, prestando solo servizio da asporto o addirittura abbassando le serrande.

Come ci insegna la storia recentissima, però, il Governo non si può affidare al buon senso dei cittadini, almeno non in questi momenti difficili.

Ed ecco il chiarimento: i pub possono rimanere aperti purché sospendano attività ludiche, evitino assembramenti, rispettino il metro di distanza e gli orari previsti per bar e ristoranti. Ora, però, il responso conta poco, tanto più in coda a un provvedimento rinominato #IoRestoaCasa, a fronte di una chiusura quasi totale dei locali, che si consideri imposta, auto-imposta, precauzionale, volontaria o solamente di buon esempio.

Senza polemizzare (troppo), che non è il momento, è il caso di dire che questa è la beffa che segue il male: in un articolato gioco di parole il Governo sta dicendo: “Quando vi abbiamo detto di chiudere i pub intendevamo dire di non farci gli eventi”.

Trasporto e consegna delle merci, spesa

decreto coronavirus 9 marzo 2020

decreto coronavirus 9 marzo 2020

Il Governo mette nero su bianco anche la questione dell’approvvigionamento personale; ce n’era bisogno, considerati gli assalti notturni ai supermercati a cui abbiamo assistito la scorsa notte, in una sorta di panico da Coronavirus di ritorno, dopo gli assembramenti tra i corridoi di qualche settimana fa, ad epidemia incipiente.

Come ci siamo permessi di scrivere questa mattina su queste pagine parlando di spesa ai tempi del Coronavirus, non smetteremo di poter fare la spesa e i negozi non rimarranno privi di scorte, dal momento che non sono previste limitazioni al trasporto delle merci.

Ristorazione turistica

decreto coronavirus 9 marzo 2020

Posto che la nota del Governo premette, tristemente: “Sull’intero territorio nazionale gli spostamenti per motivi di turismo sono assolutamente da evitare”, le strutture turistico ricettive devono rispettare le stesse regole di bar e ristoranti, per quanto riguarda la somministrazione di bevande e alimenti.