Chi straparla di nouvelle cuisine per le porzioni ridotte sbaglia sempre?

L'espressione nouvelle cuisine viene spesso usata per deridere i buongustai da parte di chi giudica stravagante pagare lauti conti per uscire da un ristorante con la fame. Chi lo fa, a parte usare l'espressione a sproposito, ha sempre torto?

Chi straparla di nouvelle cuisine per le porzioni ridotte sbaglia sempre?

Troppo facile sparare sulla Croce Rossa. Che, in questo caso, è rappresentata dalla lettera di uno sprovveduto lettore de La Stampa (la rubrica è Specchio dei tempi) che, come ogni deluso che si rispetti, sfoga frustrazione e malcontento verso il ristorante di turno scatenandosi alla tastiera e  spargendo “recensioni” anche nell’ormai imprescindibile TripAdvisor.

Il ristorante preso di mira è il nuovo Piano 35 di Torino (di cui Dissapore ha già parlato), guidato dello chef Ivan Milani, dove il nostro pare aver organizzato una piacevole cenetta per amici e conoscenti e di cui riporta dettagliatamente le seguenti impressioni:

«Ho organizzato una cena sul grattacielo per un gruppo di amici e conoscenti, e abbiamo avuto una serie di inconvenienti di non poco conto. Abbiamo scelto i menù da euro 55 (senza vini) e da 80 (con vino) ma al termine le due cifre si sono gonfiate senza preavviso e giustificazione.

Entrambi menù non comprendevano l’acqua, il caffè, i digestivi. Nessun bis di piatti e nessun rabbocco nei calici di vino che erano decisamente essenziali.

Le portate avevano le caratteristiche della “nouvelle cousine” con quantitativi assimilabili alla trasmissione “chi l’ha visto” dove in sostanza pare che lo chef più stelle ha e meno ti mette nel piatto.

Per onor del vero la qualità dei cibi era notevole, ma per chi aveva altri gusti, non erano possibili scelte alternative. Stupiscono alcuni pareri letti su Trip Advisor dove si menzionano pasti da 55 e da 80 euro quando nessuno ha mai pagato solo quelle cifre. Chi le avrà scritte?».

Ovvio che una lettera di questo tenore, farcita da evidenti ingenuità nonché da una certa ignoranza della normale prassi ristorativa al di fuori della piola sotto casa (acqua e vino non sono mai compresi nei menù a prezzo fisso, lo stesso dicasi per caffè ed eventuale digestivo finale) presti il  fianco a giuste critiche e ironici sorrisetti di sufficienza: come si fa a scriver pubblicamente che la qualità dei cibi era notevole “ma per chi aveva altri gusti non eran possibili scelte alternative”?

Alternative a che? Al buon gusto e a una cucina di alto livello?

Oltretutto, come si fanno a richiedere “bis di piatti e rabbocchi di calici” quando si è a pranzare in uno dei più esclusivi ristoranti di Torino, al 35° piano del  nuovo e avveniristico grattacielo della capitale sabauda, con vista mozzafiato sul Monviso e sulla città stessa?

Come si fa a non sapere che le generose porzioni da osteria non appartengono più, se mai le sono appartenute, all’alta cucina e che i maxi piatti di tagliatelle al ragù e frittata di cipolle di fantozziana memoria, con annessi bis e tris, non vengono più serviti manco nelle trattorie più sperdute?

Logico quindi che, di fronte a una lamentela di questa levatura, abbia avuto buon gioco lo chef Ivan Milani ad approntare senza indugio una risposta tanto dettagliata quanto tagliente, e anche spassosa.

Scrive infatti Milani rivolto all’improvvisato recensore intervenendo nel profilo Facebook di un collaboratore di Dissapore:

Chi mi conosce sa che non commento e non rispondo a recensioni ma questa merita una deroga. Il signore in questione non era presente alla cena! Noi non lavoriamo con le agenzie. Il simpatico personaggio ha organizzato una sorta di “gruppo vacanze Piemonte” ricaricando a suo vantaggio il prezzo della cena.

É evidente che il gruppo organizzato è abituato a frequentare un tipo di ristorazione diverso dal nostro (bis, acqua e vino a volontà ….).

In più il Valente organizzatore ha sbagliato i conti e con acqua, vino e altro si è mangiato l’utile che aveva ipotizzato. Da qui la sua incazzatura.

Specchio dei tempi, ben 2 recensioni su la mitica Trippa Advisor e mail inviate a chiunque per segnalare che non facciamo i “ripassi”. Torno al mio lavoro cercando di farlo al meglio”.

La cresta, quindi! Il nostro fustigatore di ristoranti blasonati si è scoperto non solo fine recensore, ma anche “abile” organizzatore di eventi.

Ma a parte questo,  avrete notato nella critica del nostro l’inevitabile riferimento alla Nouvelle Cuisine, intesa come serie di portate ridotte nella quantità e delicate nel sapore servite nei ristoranti gastronomici.

L’espressione “nouvelle cuisine” viene spesso usata per deridere gli appassionati con tendenze gastrofanatiche da parte di chi giudica stravagante pagare lauti conti per uscire da un ristorante con la fame.

A sproposito,  ovviamente, senza cognizione di cosa significhi davvero Nouvelle Cuisine e a quale periodo si riferisca.

Sono gli anni ’70;  in Francia un gruppo di giovani cuochi (Paul Bocuse, Alain Chapel, i fratelli Troisgrois, Michel Guerard e altri) si affrancano da una gamma di ricette standard fatte di lunghe cotture, basi pronte nelle preparazioni, salse e intingoli a base di burro e farina, abbondante uso di grassi e spezie, pasti infiniti.

Due giornalisti e critici gastronomici francesi, Henri Gault e Christian Millau (che fonderanno nel 1973 la loro nuova guida),  intercettano questa tendenza e lanciano un manifesto per una nuova cucina, più moderna e leggera, espressa e stagionale, che recuperi le ricchezze regionali.

(Link per chi desidera approfondire).

vignetta daniel cuello

Negli ultimi giorni è stata molto condivisa su Facebook una vignetta titolata “Come approcciare correttamente un piatto di alta cucina” disegnata da Daniel Cuello, illustratore e fumettista, in cui si dileggiano le porzioni ridotte dei ristoranti gastronomici.

Ma allora, forse, sarebbe un errore considerare in toto la lettera inviata a Specchio dei Tempi dal lettore de La Stampa come un semplice sfogo. Per quanto infarcita di critiche grossolane per la maggior parte non condivisibili,  potrebbe contenere un fondo di verità che merita una considerazione diversa dal facile sarcasmo popolare tra i gourmet della tastiera.

Le porzioni risicate dell’alta ristorazione, ormai da tutti accettate come normali e adeguate, non sono argomento che appartiene solamente ai vari organizzatori di cene in pensione  o ai vignettisti dalla facile battuta.

Il fatto che darle per scontate sia un atteggiamento comune non significa che invece tra la ridondanza della porzione da trattoria e quella eterea “da nouvelle cuisine” non ci possa essere un giusto mezzo.

Un concetto ormai  condiviso non rappresenta per forza di cose un atteggiamento corretto, ma spesso solo quel che ci rende socialmente più accettabili o più omologati al trend del momento.

A volte, il Re è nudo e, a volte, il bambino è un lettore de La Stampa.

(a cui chiediamo però, di risparmiarci almeno la richiesta di bis, per favore…)

[Crediti | Link: La Stampa, TripAdvisor, Foodie, Daniel Cuello]