Aprire un ristorante: per non trasformare il sogno in un incubo

8 consigli per chi coltiva il sogno di aprire un ristorante ma non vuole chiuderlo prima di svegliarsi. Dal menu al rapporto cuoco - cameriere, dai soldi all'ambiento tutto qullo che bisogna sapere prima di aprire

Aprire un ristorante: per non trasformare il sogno in un incubo

Cuochi in tv. Cuochi in radio.  Cuochi in diretta streaming. Cuochi al salone del libro. Cuochi che scrivono libri. Cuochi che pontificano. Cuochi in ogni dove.

Siamo sommersi, circondati, sopraffatti da un universo di cuochi spignattanti che ci incantano con il loro mondo di padelle firmate, sughetti voluttuosi, candide mise o divise total black.

Normale, quindi, che aumenti il numero di coloro che il cibo non si accontentano solo di “vederlo” o di raccontarlo ma che vorrebbe viverlo in prima persona: aprendo cioè un ristorante.

Così, di punto in bianco, senza preparazione, senza basi, senza nessuna esperienza in merito se non la pasta al forno della domenica; un po’ come se gli appassionati di calcio che guardano le partite in TV volessero tutti giocare nel Manchester invece che nel campetto sotto casa in compagnia dei vecchi compagni del liceo.

Ma tant’è: aprire un ristorante è il nuovo sogno della nostra era, urge quindi rinfrescarvi la memoria su quali siano le maggiori trappole, le insidie, le cose da sapere prima di imbarcarsi nell’attività:

“Voglio aprire un ristorante tutto mio”.

1. NON E’ UN HOBBY

Non si apre un ristorante perché cucini tu lo spaghetto di mezzanotte

Se pensate che per aprire un ristorante basti essere il più bravo ai fornelli nella cerchia dei vostri amici, beh, siete fuori strada. Condurre un’attività di ristorazione non è semplicemente cucinare del buon cibo, come fareste a una spaghettata tra amici. Vuol dire innanzi tutto avere disponibilità di capitali (propri o presi a prestito), risorse, abilità imprenditoriali e capacità organizzative.

Molti sono capaci di cucinare una carbonara eccellente per dieci o al limite venti amici nella tranquillità della propria casa, ma avete idea di cosa voglia dire sfornare dieci primi, venti secondi e quindici contorni tutti nel giro di un’ora, quell’ora in cui ogni cliente –pagante– si precipita affamato al vostro uscio e comincia a tamburellare con le dita sul tavolo dopo mezz’ora di attesa, mettendo in croce il cameriere continuando a chiedere notizie della sua pietanza smarrita nei meandri della cucina?

Siete sicuri di essere in grado di gestire un’orda simile? Se la risposta è negativa, non crediate di risolverla facilmente affidando la cucina al primo cuoco che vi capita a tiro: innanzi tutto i cuochi abili vanno trovati, e poi vanno pagati, e questo significa averne previsto il costo –non indifferente– nel vostro budget iniziale.

In questo caso, il sogno di mostrare le vostre abilità ai fornelli in solitaria svanirà ben presto, e sarete invece voi a dover sottostare alle direttive di chi ha più mestiere e più esperienza, mettendo il vostro sogno di  roboanti spadellamenti nel cassetto almeno fino a quando non sarete capaci di gestire la cucina come il vostro cuoco.

2. IL RAPPORTO CUOCO/CAMERIERE

Chi ca**o sei tu per mancarmi di rispetto?

Tra le due fazioni pare esserci antica ruggine. Il povero cameriere raccoglie le eventuali lagnanze dei clienti in merito a cucina e servizio e le riferisce al cuoco così come le ha raccolte: malamente.

Questi comportamenti, reiterati nel tempo, possono creare un’atmosfera di livore e scarsa collaborazione tra personale di sala e personale di cucina, contribuendo alla disfatta del locale per incomprensioni e carenza di organizzazione.

Sarete voi, quali imprenditori, che dovrete far sì che ognuno svolga la propria mansione in un clima di serenità e collaborazione reciproca. E non perché siete San Francesco, ma perché se la barca affonda, voi affonderete per primi, in mezzo ai debiti contratti per aprire il ristorante.

3. IL MENU

Nessuno si prenderà la briga di assaggiare cosa esce dalla cucina

Magari, molti di voi, come chi scrive, hanno ancora in mente la puntata di Masterchef in cui una compassata Annie Feolde dell’Enoteca Pinchiorri assaggiava il piatto preparato da un concorrente prima di servirlo al cliente in sala, e con tono autorevole e deciso sentenziava: “per il cliente, in questo piatto metterai ancora un po’ di olio”.

Ecco, scordatevi una cosa del genere. Nel ristorante sotto casa, per quanto di livello non infimo, gli chef buttano fuori i piatti così come appena cucinati, sicuri della loro ricetta collaudata e precisa nelle dosi e nel procedimento, e nessuno assaggia la pietanza prima che venga impiattata.

Né cuochi né altri. E anche se la  ricetta è collaudata e sicura, le variabili in gioco nella riuscita di un buon piatto sono così tante che in pratica una portata non sarà mai uguale a un’altra. Questo è un errore.

Può essere dovuto appunto ad eccessiva sicurezza, a noncuranza, a insoddisfazione o a qualsiasi altro motivo, ma nessuno si prenderà la briga di assaggiare le preparazioni che escono dalla cucina. Sarete voi a dover pretendere, da voi stessi così come da un vostro cuoco, di tenere costantemente monitorata la qualità dei cibi preparati (ricordate Masterchef? “Assaggiate, assaggiate, assaggiate!!”) per garantire sempre la massima soddisfazione al cliente.

E un cliente soddisfatto, è un cliente che ritorna.

4. L’AMBIENTE

L’architetto trasformerà 1.000 euro in 10.000

In quest’epoca di spettacolarizzazione del cibo, l’ambientazione ha assunto un’importanza tale da sovrastare persino la ragione fondamentale per cui la gente va al ristorante: degustare del buon cibo in un posto confortevole.

Vediamo sale di ristoranti  partorite da menti di architetti indottrinati sugli stessi, onnipresenti stereotipi, che somigliano al salone del parrucchiere, il quale a sua volta somiglia al salotto della rivista patinata.

Ambientazioni modaiole, arredi di design, architettura spinta, stile minimal fino all’eccesso o al contrario sontuoso ai limiti del kitsch.

Premesso che gli architetti e gli arredatori costano –pure quelli modesti– e gli arredi di design pure, avrete comunque perso di vista l’obiettivo principale per un ristoratore alle prime armi: offrire buon cibo e comfort. E avrete pure speso un pacco di soldi. Che dovrete restituire con gli interessi.

Un ambiente confortevole, pulito e senza ostentazioni alla Renzo Piano dei poveri avrebbe svolto molto meglio la sua missione.

5. PERSONALE E FORNITORI

Quante mani lunghe interessate ai tuoi guadagni 

L’occasione, si sa, fa l’uomo ladro, e nel clima da battaglia della cucina di un ristorante, l’occasione di imboscarsi prosciutti e cotechini appena consegnati dai fornitori non manca certo. Così come non mancano i fornitori… distratti, che dimenticano di inserire nell’ultima partita di merce ordinata qualche confezione di mozzarella o qualche cartone di birra.

Insomma, nelle cucine dei ristoranti i furti possono essere all’ordine del giorno, starà a voi dimostrarvi più furbi e attenti dei ladruncoli improvvisati e dei fornitori “sbadati”. Cambiando velocemente sia gli uni che gli altri.

6. IL POSTO

Nessun “fronte mare” è irrinunciabile se non puoi permetterti l’affitto 

Ovvio, se avete la fortuna di avere un locale fronte mare o davanti alle cime di Lavaredo avrete una marcia in più. Ciononostante, per quanto gradevoli, la gente non va al ristorante per bearsi di viste mozzafiato ma più prosaicamente per mangiare. Possibilmente bene.

Quindi, se  il vostro locale ha la fortuna di essere in una di queste invidiabili posizioni, non dimenticate mai assolutamente il core business del vostro sogno: cucinare buon cibo per clienti che ritornino.

La gente torna sicuramente in un ristorante dove il suo appetito sia stato soddisfatto degnamente, anche se situato in una grigia periferia o in paesino sperduto in valli anonime. Molto difficilmente invece torna a vedere paesaggi incantevoli quando il cibo è insipido e il servizio scortese o lento.

7. INCOMBENZE E SOLDI

Mentre ti perdi in stupidaggini l’emorragia di soldi continua

Siete ancora lì a rimuginare se chiamare il primo “risottino delicato al profumo di timo fresco” oppure “risotto del contadino” e intanto non avete ancora il  cuoco, non avete ancora preso appuntamento con la ASL per le verifiche di locali e attrezzature (idem per tutti gli altri adempimenti burocatrico- amministrativi).

Non avete uno straccio di business plan per la vostra azienda (perché il ristorante è un’azienda, ricordate, e non una festa di addio al celibato tra amiconi), non avete idea di quanto costino le materie prime dei menù che andrete a proporre e non avete nemmeno contattato gli eventuali fornitori e spuntato le condizioni di vendita.

Eppure vi trovate già, novelli Cracco, a fantasticare di meravigliose preparazioni in vasocottura e raffinati impiattamenti con rose e viole: ooohhh, sveglia!

8. CONCLUSIONI

Sei proprio convinto?

Bene. Avete finito. Avete una parvenza di budget, vi siete fatti un’idea delle uscite e di quali dovrebbero essere le entrate medie almeno per coprire tutti –TUTTI– i costi, siete in regola con permessi, Asl e burocrazia, locale e attrezzature varie sono pronti, il cuoco è sull’attenti e il cameriere pure, dovete solo aprire.

Pensate forse che, avendo considerato questi elementi, tutto andrà bene? Certo che no. Il rischio d’impresa è dietro l’angolo, e il successo del vostro locale può spesso dipendere da variabili che non sono sotto il vostro diretto controllo, come aprire nel momento sbagliato, alias periodi di vacche magre, o nel luogo sbagliato.

Ma se almeno avrete programmato con cura e con attenzione la vostra attività, il rischio sarà minore e, forse, il successo vi arriderà.

Ma non sarà facile, sappiatelo!

[Crediti: Dissapore, Il sogno di aprire un ristorante]