Courmayeur: rivalutatela con questi due ristoranti

Courmayeur: rivalutatela con questi due ristoranti

Nelle località turistiche si mangia prevalentemente malissimo, si paga carissimo e di solito non
puliscono il bagno. E Curma non fa eccezione. Ove per Curma, memore dei film anni Ottanta con
Zampetti o la Contessa Serbelloni, intendo Courmayeur, bellissima ma gastronomicamente straziante località sciistica valdostana.

SuperG

superG; courmayeur

A Curma entrare in un locale è una roulette russa. Per dire, orfani di me (presto dirò perché), i tre
membri della mia famiglia sabato sera sono finiti a mangiare una crepes prosciutto e formaggio da 15 euro cadauna, al cui confronto il toast di McDonald’s pare preparato da Bottura. Grazie al cielo il bidone se lo prendono solo loro. Io ero sono invitato al SuperG, l’ex rifugio abbandonato riattato un lustro fa dagli imprenditori Andrea Baccuini e Giacomo Sonzini e ora “mountain lodge” molto cool, molto brand, molto hype.

La serata qui all’ex rifugio sulle piste – è a Plan Checrouit, si raggiunge con la cabinovia – è
speciale: in questo spazio che è di tutto un po’ – ristorante, disco, solarium e qualsiasi cosa di cui
uno sciatore oh yeah abbia bisogno – stasera cucina Andrea Berton. Oh, Berton in un rifugio a Curma: è una notizia. Ma da Baccuini-Sonzini ce lo si poteva aspettare: abitualmente quassù, in mezzo alle nevi, non si trovano i soliti spezzatino e polenta ma il fishbar di Langhosteria, e non è poco.

Insomma: cena di Berton a base dei prodotti molto buoni de La Nef – salmone coda nera riserva, acciughe del cantabrico, caviale siberiano, baccalà –, vini Ferrari (compresa la riserva Lunelli), una
serata che piace alla gente che piace ma anche a me, che in genere non piaccio parecchio. C’è da sperare che sia la prima volta ma non l’ultima che il SuperG invita una stella sotto le stelle meravigliose del cielo notturno a 1750 metri.

Scendo dunque a valle e raggiungo le povere vittime della crepes a Le Massif, albergo nuovo, moderno, con una bella Spa, belle camere. Insomma: comfort. E qui la mia prima considerazione: se uno è povero, a Curma è meglio che non venga (per una giornata di sci il giorno successivo dovremo vendere un rene), ma fino a poco tempo fa anche con i dindi non si trovava qualità. Ora, finalmente, potendosela permettere, una cena con Berton al SuperG (costo: 120 euro a capoccia, vini inclusi) o una notte a Le Massif sono esperienze di qualità.

Questa prima considerazione viene immediatamente messa in discussione il giorno dopo: in un bar sulle piste ci trattano così male, ma così male, ma così male che ci verrebbe voglia di scappare e passare il pomeriggio in un centro commerciale nell’hinterland torinese. Tuttavia, la sera, il cielo si rasserena: arriviamo al Grand Hotel Royal e Golf che è agli antipodi de Le Massif – è un posto di eleganza classica, apparentemente un po’ fané – ma ci conquista piano piano.

È vero, gli spazi sono old fashioned ma è proprio fascino quello che sprigionano: il personale molto preparato, alcune eccentricità scenografiche – le sedie di corna, le pelli ornamentali –, una grande piscina esterna.

Le Petit Royal

petit royal courmayeur

And, last but assolutamente not least, il ristorante Petit Royal cui arriviamo colpevolmente impreparati. Qui troveremo invece una sala moderna, essenziale e nitida – che si distacca per antitesi con il resto della struttura – e soprattutto la cucina precisa e contemporanea di Paolo Griffa, cazzutissimo giovane cuoco piemontese cresciuto alle corti di Scabin e Sacco ma fattosi uomo sotto il tallone di Vieira, bistellato d’Oltralpe. La Francia l’ha segnato e i piatti son tecnici, belli alla vista e vanno diritto al sodo (mi racconta che dopo mesi di trattative ora riesce a conquistare buona parte dei cervi locali).

Griffa ha sei degustazione a tema – arancione, foglie, cervo, sottoterra, I Love Aosta (ai gusti del
territorio è dedicato anche il bistrot la porta accanto, dove stasera intravedo proprio Berton), Jolly
– ma noi andiamo alla carta (stavolta ho portato anche moglie e figli che non sarebbero sopravvissuti a una seconda crepes di Curma) con “tourbillon di barbabietole, insalate e foglie, stracchino di capra alle erbe e anguilla affumicata”, “millefoglie di capesante e tartufo nero, dampfnudeln (è una sorta di bao), vinaigrette di senape, tartufo e prosciutto crudo”, “bottoni di parmigiano 32 mesi alle erbe, brodo di bue grasso, olio di sansho”, “filetto di cervo laccato alla resina” e sono tutti piatti precisi, ben fatti. Per dolce una curiosa “cioccorana”, ai pupi degli ottimi gnocchi al parmigiano e una buona pasta al ragù (mi pare di ricordare).

Insomma: stiamo come in un grande ristorante. E le Petit Royal ha le carte per diventare un grande ristorante. Un altro tassello per rendere Curma un posto gastronomicamente interessante. Ora, parallelamente al fine dining, qualche imprenditore deve lavorare sul pop: mica posso portare i bambini a mangiar tourbillon di barbabietole. Almeno non tutte le sere.