Eatsa: abbiamo il ristorante del futuro, non abbiamo i clienti

Eatsa, la catena americana di ristoranti automatizzati dove non ci sono esseri umani ad accoglierti, chiude 5 locali per mancanza di clienti. Siamo proprio sicuri che escludere l'uomo dall'esperienza del ristorante sia il futuro?

Eatsa: abbiamo il ristorante del futuro, non abbiamo i clienti

Eatsa ha appena staccato la spina a cinque dei suoi ristoranti automatizzati.

Chi di voi si è sentito minacciato dai progressi dell’intelligenza artificiale, quando abbiamo parlato della catena americana di ristoranti gestiti da robot –dove non ci sono esseri umani ad accoglierti: scegli il menù e ordini da iPad montati su piccole colonne di legno, paghi con la carta di credito e ritiri il pasto da un piccolo cubicolo– può tirare un sospiro di sollievo.

Eatsa: il ristorante del futuro c’è già, non ci sono più i camerieri.

Gli umani avranno anche ridotto le comunicazioni interpersonali a email, chat e messaggi su WhatsApp, ma evidentemente non sono pronti a sacrificare il divertimento in posti intimi come sono i ristoranti. O almeno non ancora.

Lanciata due anni fa da un esperto in tecnologia di San Francisco, la catena è stata progettata per escludere l’elemento umano dall’esperienza del ristorante.

Nei locali di Eatsa non si perde tempo, non ci sono camerieri né cassieri: meno costi, più scena, zero rapporti umani.

I cuochi in realtà ci sono, ma nascosti dietro una parete tecnologica attrezzata con schermi a forma di cubi, senza volto, proprio come i programmatori che hanno creato il software necessario al funzionamento dei ristoranti. Le uniche persone in carne e ossa che s’incontrano in un locale di Eatsa, a parte gli altri clienti, sono un paio di assistenti che chiedono agli avventori se hanno bisogno di aiuto.

Scegliere dal menu di Eatsa cosa mangiare è un’esperienza sorprendente ma impersonale e incolore dal punto di vista emotivo.

Dopo aver selezionato dallo schermo touch screen una pietanza del menu strettamente vegetariano, composto da primi piatti a base di riso o etnici, come hummus o falafel, e ancora insalate o estratti di verdura, e dopo aver pagato con la carta di credito, l’ordine viene preso in consegna.

Mentre è in preparazione, il nome del cliente appare sui cubi vetrati della parete tecnologica. Poco prima che il pasto sia pronto, sul cubo appare la scritta “It’s coming” –sta arrivando. A quel punto il cubo può essere aperto dal cliente in attesa battendoci sopra le nocche un paio di volte.

Dopo che il primo risorante Eatsa è stato aperto, sui giornali americani si è discusso a lungo dei legami tra tecnologia e aumento del tasso di solitudine, depressione e ansia.

Un disagio che, in particolare i più giovani, sembrano combattere anche attraverso il cibo, cucinato per la famiglia, per una cena con gli amici o discusso in un gruppo di Fecebook sulle ricette senza glutine.

Sono momenti di umanità che esprimono una profonda richiesta di interazione, e che aiutano la generazione iperconnessa a sentirsi più gratificata.

Ragione per cui, partendo proprio delle 5 chiusure annunciate da Eatsa, la domanda sorge spontanea: davvero gli umani vogliano frequentare ristoranti che contribuiscono al loro senso di solitudine e isolamento?

Vi sembra possibile?

[Crediti | Eater, Dissapore]