Fare soldi con il poke: intervista a mr. Ami Pokè (che risponde a un sacco di perché)

All'inizio del 2018 la prima apertura di un negozio dedicato al poke a Roma, Ami Pokè. Abbiamo chiesto all'imprenditore che l'ha voluta, come, quando e perché. Ma soprattutto, per quanto tempo ne sentiremo ancora parlare

Fare soldi con il poke: intervista a mr. Ami Pokè (che risponde a un sacco di perché)

Alessandro De Crescenzo è almeno due cose. Un entusiasta e uno dei due soci di Ami Pokè, il primo brand di poke ad arrivare su Roma nel 2018. Oggi, mentre i punti vendita sono diventati 7 con altri due in apertura, l’Italia intera è avvolta da una spiccata propensione al poke. Come abbiamo raccontato, a Febbraio 2022 il poke take-away è entrato nel paniere Istat rafforzando, insieme ai numeri del mercato italiano ed estero, l’immagine di un prodotto il cui successo non può essere ignorato.

Nonostante le implicazioni complesse che l’introduzione di un piatto straniero comporta (abbiamo raccontato il dibattito che c’è stato sul tema dell’appropriazione culturale) il poke è vivo e vegeto e in molti si domandano per quanto tempo ne sentiremo ancora parlare. Lo abbiamo chiesto a un giovane imprenditore che nella vita ha scommesso proprio su questo. E lui non si è tirato indietro.

A sinistra Riccardo Bellini, a destra Alessandro De Crescenzo

Partiamo dal 2018, quando apre il primo negozio a Roma che fa poke e nei paraggi non c’è nessuno che faccia altrettanto. Chi sono e cosa fanno Alessandro e Riccardo?

“Abbiamo aperto con il mio socio, ma più che altro un fratello, Riccardo Bellini, con cui ci conosciamo dall’infanzia. La vita a un certo punto ci ha portato a scegliere strade diverse. Io a Roma alla Luiss, lui a Milano in Bocconi. Nonostante questo siamo sempre rimasti in contatto. Lui a un certo punto è partito per la California per andare a fare l’Erasmus. Io sono andato lì per raggiungerlo, siamo stati una settimana in California e da lì abbiamo preso un volo per le Hawaii. Sembra un sogno ma tra i bagni al mare, un tentativo di surfata e due chiacchiere abbiamo provato questo prodotto e ce ne siamo innamorati. Abbiamo visto subito delle enormi potenzialità.”

 

E da lì?

Siamo tornati in Italia dove io già mi ero interessato al mondo del food, avevo fatto anche il cameriere in un ristorante stellato e avevo voglia di fare impresa in questo campo. Decidiamo di fare un business plan e a 25 anni cominciano insieme questa attività. Diciamo che siamo stati i primi a portare il pokè a Roma quando non si sapeva ancora bene cosa fosse. In molti ci davano per matti. Dicevano: “ma insomma, nella città della carbonara voi portate il pokè?”.

Ami Pokè

Qual è stato il primo negozio che avete aperto?

Quello a Rione Monti che in quel momento era il quartiere che aveva lanciato diverse tendenze food. Il primo Temakinho l’avevano aperto lì. Poi il primo ristorante cinese. C’erano varie realtà innovative che aprivano là.

 

Ma questa storia è vera?

È tutto super vero. Naturalmente non è tutto oro quello che luccica anche perché fare impresa in Italia non è così banale.  

Oggi il successo del poke in Italia è conclamato. Se dovessi indicare un solo fattore, il più determinante, che lo ha reso possibile, quale sarebbe?

“Che nella sua completezza il pokè è buono, piace a tutti. Puoi scegliere tu come comporlo, è un prodotto che puoi costruire per le tue esigenze, per i tuoi gusti. Oltre a questo è anche un piatto completo, perché c’è la vitamina, la fibra, la proteina, il carboidrato. In un’unica bowl mangi tutto quello che ti serve per stare bene. Da lì c’è un altro fattore determinante perché quando è scoppiata la pokemania in Italia, sono cresciuti anche i brand di food delivery. E il pokè è di fatto il piatto perfetto per il delivery: è freddo, non hai paura di come ti arriva a casa e poi ha prezzi veramente irrisori”.

 

Le catene di poke cominciano ad essere tantine ed è presumibile che ne compaiano anche altre. Cosa differenzia – sinceramente – la vostra dalle altre?

“Ma io parlo a nome del mio brand, degli altri non ne parlo. Di certo quello che apprezzo del lavoro che stiamo facendo su questo brand è la qualità di quello che serviamo ai nostri clienti. Abbiamo ingredienti premium, abbiamo aperto su Roma un polo di logistica e preparazione che ci permette di mantenere sempre la freschezza della materia prima. Dalla frutta alla verdura ai prodotti ittici usiamo tutti prodotti freschi e certificati, non c’è nulla di preparato ore e ore prima, tutto è tagliato espresso. Ti posso dire anche che la forza di Ami Pokè è la differenziazione del menu. Da noi puoi mangiare anche la tartare, oppure dei burger di pesce ad esempio: diciamo che se un giorno non vuoi il pokè trovi anche altro”.

Ami pokè

Che tipo di risorse inserite dentro i vostri store?

“Siamo tutti ragazzi under 30, c’è un clima molto tranquillo, la sera magari si va a mangiare o bere una cosa insieme. Più del 50% delle risorse di Ami Pokè sono a tempo indeterminato, la maggior parte sono ragazze. Anche le posizioni più importanti sono coperte da ragazzi che hanno cominciato la collaborazione con noi 3-4 anni fa. C’è Andrea D’Onofri, il nostro operations manager, che faceva lo chef nel nostro primo locale. Ma anche Flavia De Angelis, la nostra HR, che ha fatto un percorso da banchista, poi da store manager, ora si occupa di risorse umane. È un ambiente di lavoro sano. Non ci sono padelle che volano. Questo è il motivo per cui i ragazzi stanno con noi per tanto tempo, vedono in noi una sicurezza per il loro futuro”.

 

 Mi parlavi di chef. Quindi dietro i vostri negozi ci sono persone con competenze di cucina?

“La maggior parte delle persone ha un background nel mondo della ristorazione. Alcuni di loro anche formazioni importanti. Marco Caputi che è il mio head chef, con cui collaboriamo per i piatti stagionali viene da un albergo 5 stelle lusso dove faceva il sous chef. Ha deciso di cambiare vita per avere una maggiore tranquillità anche professionale. Sai, oggi il personale della ristorazione magari lavora 50 ore e pure sotto stress. Da noi trovi un clima sereno dove puoi lavorare e trovare anche spazio per la tua vita”.

 

Dunque da quello che mi dici deduco che in questi due anni non avete fatto difficoltà, come tanti, a reperire personale?

Sinceramente no. Siamo fortunati perché tramite il nostro sito arrivano tanti curricula ogni giorno.

 

Quale futuro per il vostro brand? Come pensate di svilupparlo? Oltre all’espansione, puntate alla vendita? Oppure, avete mai pensato alla creazione di un franchising?

Noi puntiamo a crescere su Roma, ad aumentare i nostri punti vendita. Vogliamo piano piano espanderci sul territorio nazionale, puntando sulle grandi città. Per ora non abbiamo valutato il franchising perché preferiamo avere il controllo di quello che facciamo. A noi non piace pensare al futuro, ad oggi non pensiamo a vendere, pensiamo a fare questo tutti giorni.

 

Secondo te fra 5 anni il poke avrà lo stesso hype che ha oggi?

“Assolutamente sì, ancora tanti non lo conoscono quindi le potenzialità di crescita sono tantissime. A Roma moltissimi ci chiedono cos’è. È una cosa che ormai è entrata nelle abitudini alimentari degli italiani, perché ha talmente tanti punti a favore. Varie persone mi hanno fatto questa domanda anche in passato ma credimi, non riesco a capirne il perché. Ha tutte le caratteristiche per rimanere nel tempo, non vedo perché debba essere considerato un effetto moda”.

Ami Pokè

Se non ci fosse Instagram, secondo te, il poke avrebbe avuto lo stesso successo?

Secondo me si sarebbe fatto conoscere anche da solo, magari con un pochino più di tempo, per le sue proprietà e per il suo gusto. Ma non posso dirti che Instagram non abbia aiutato.

 

Mangi mai negli store dei competitors?

Sinceramente no. Noi cerchiamo di non guardare quello che fanno gli altri, guardiamo il nostro. E a farlo il meglio possibile.

 

Ultima domanda: il tuo ristorante del cuore a Roma?

Ami Pokè. Sono il primo fan di questo brand e il primo cliente di me stesso. Ci ho messo talmente tanto il cuore.