I peggiori trend gastronomici del 2025

Un'analisi di quelle tendenze che sono regolate dalla cattiva abitudine o dalla cattiva coscienza e che non vorremmo portare con noi nel 2026.

I peggiori trend gastronomici del 2025

Per i ristoranti questo è stato un annus horribilis, dopo le vette raggiunte post pandemia, in cui si usciva cinque volte a settimana anche senza poterselo permettere, solo perché era bello uscire, l’inflazione galoppante e il conseguente aumento a dismisura del costo della vita hanno avuto la meglio. Si esce meno, ma soprattutto la clientela si comporta randomisticamente senza nessuna prevedibilità, con weekend in cui è impossibile trovare un posto a sedere anche dal kebabbaro e finesettimana smorti, con nessuno in giro.

L’incertezza sul settore pesa sugli investimenti, è sicuro, ma a volte anche le cattive abitudini, la pigrizia fisica e intellettuale, i trucchetti per racimolare qualche euro in più sono concausa del problema. Abbiamo provato a fare un esame di coscienza della scena gastronomica italiana così come l’hanno vissuta i redattori di Dissapore.

Le mangioteche

ristorante pieno

Non è dato sapere perché nell’anno domini 2025 esistano ancora le mangioteche, cioè quei luoghi enormi, pieni di tavole, in cui i menu sono stampati e inseriti nei raccoglitori di finta pelle con i porta fogli di plastica. Si riconoscono anche perché il prezzo dei piatti è uguale o addirittura minore di quello che spenderemo in casa solo per la materia prima. Il risultato è un’acidità di stomaco impeccabile e poco altro.

I nomi delle vinerie con troppe O

nomi enoteche

La nostra direttora ha trovato una tendenza interessante nelle vinerie più cool della grandi città: hanno tutti nomi corti e pieni di “O”. Sarà che ormai il maschio-centrismo latente nella società deve trovare i sotterfugi più impensabili per palesarsi, sarà che la gente non ha più fantasia, ma la cosa è un fatto. Nomi brevi, tondeggianti, quasi certamente di sostantivi maschili.

Per l’anno prossimo fate il fioretto e pagate un po’ di più la vostra agenzia perché lavori sul naming.

I poster artsy fatti in serie

Avete notato che nelle grandi città i posti “giusti” sono tappezzati di poster artistici, graficati, belli da vedere ma che paiono (anzi sono di sicuro) fatti in serie. L’istagrammabilità dell’arredamento dei locali è l’ottava piaga d’Egitto e finisce che in nome di qualcosa che si è sicuri che piace si sta sacrificando non solo l’originalità, ma anche il dare una possibilità ad un’estetica personalizzata ed evoluta.

I prezzi della pizza

pizza

Questa estate in un bar di un paesino di montagna dimenticato da dio ho visto che facevano due pizze della casa a 15 euro l’una, il resto delle pizze in listino si piazzava intorno ai 12 euro. Questo fatto che ormai la pizza costi tanto anche nei locali di fascia medio bassa e debba per forza avere un topping vanaglorioso ha già fatto tanti danni. Torniamo alla margherita a 6 euro, vi prego.

Le accuse del mondo del vino ai giovani consumatori

Funziona sempre così, i vecchi barboni attaccano le nuove generazioni che sarebbero portatrici di tutti i mali della società. Succede anche nel mondo del vino, come mi ha spiegato il nostro Luciano Fiordiponti: tutti i produttori ad attaccare i millennials che bevono troppo poco. Sarà anche un fatto, ma la fluttuazione di mercato non è mai causata da un solo attore. E poi, vogliamo davvero passare il concetto che voler consumare meno vino sia una colpa?

Le cene cantate et similia

Quando ho cominciato a scrivere di ristoranti io, 20 anni fa [aiuto!] c’erano i dinner and dance, discoteche mascherate da ristoranti in cui a prezzo fisso si mangiava ad una tavola sfarzosamente imbandita una cena da mensa parrocchiale e poi si era pronti a ballare. Era un modo come un altro per far sorvolare gli avventori sulla qualità del cibo proponendogli l’intrattenimento. Oggi che ballare non va più di moda, il dinner and dance è sostituito dalla cena cantata, dal pianobar, dallo spettacolo di burlesque. Noi rimaniamo fedeli al motto che se il cibo è valido, basta e avanza per far passare una bella serata alla gente.

Il pane e il burro nei menu degustazione

pane e burro

Buono, anzi cibo degli dei. Però Massimo De Marco mi fa notare quanto non se ne possa più di vedere il pane, o il pane e il burro come portata nei menu degustazione del fine dinnig. Lo sappiamo che vi ispirate tutti a Niko Romito, ma anche lì la scelta era stata discutibile. Il pane e il burro hanno sempre fatto parte del coperto, se dovete alzare i prezzi fatelo in maniera meno creativa, vi saremo grati per la lealtà.